Censimento delle architetture italiane dal 1945 ad oggi

VILLA MAROCCO

Scheda Opera

  • Veduta del prospetto principale
  • Piante e sezione trasversale
  • Prospetti ovest, nord, est e sud
  • Veduta dell’angolo di mezzogiorno
  • Comune: Sauze d'Oulx
  • Denominazione: VILLA MAROCCO
  • Indirizzo: Strada vicinale
  • Data: 1947 - 1947
  • Tipologia: Abitazioni unifamiliari
  • Autori principali: Gino Levi Montalcini, Paolo Ceresa
Descrizione

1. Opera originaria
«1947 Villa Marocco a Salice d’Ulzio, a circa metri 1509 nella Valle della Dora Riparia. Architetto Gino Levi Montalcini. Veduta del prospetto principale e veduta dell’angolo a mezzogiorno. Sono da notare i serramenti esterni a palpebra, nel piano superiore. Il Montalcini è stato fra i primi assertori dell’architettura moderna in Italia». (Mario Cereghini, Costruire in montagna. Architettura e storia, Edizioni del Milione, Milano 1956, p. 340).

«[…] Non è dato di sapere come Persico avrebbe giudicato la Società Ippica Torinese, il capolavoro realizzato da Carlo Mollino tra il 1936 e il 1941, che lo stesso Pagano, superando la riserva sull’eccesso di forma, apprezza su “Casabella” del gennaio 1941, poiché, ancor più nel dopoguerra e seppure a distanza, tra il linguaggio di Levi-Montalcini e quello di Mollino, ormai quarantenni, si instaura una certa assonanza tecnica e figurativa, soprattutto nelle costruzioni realizzate in altura, con largo impiego di pietra locale, carpenteria di legno, corpi aggettanti, falda di copertura fortemente inclinata, dove per Levi-Montalcini valgono le ville Ballarini e Marocco entrambe (1947) a Sauze d’Oulx e, con Ceresa, la Torre di bollitura (1942-43) e la Centrale idroelettrica (1947-48) delle Cartiere Bosso a Lanzo.
Viene da pensare allora, per analogia, al rapporto di parallelismo, e forse di pari distanza, che a Milano corre tra il linguaggio di Albini e quello di Gardella, sui quali ha sicuramente influito il gusto di Persico: in Albini per sua stessa ammissione, in Gardella per l’attenzione prestata alla sua opera da Persico ancora in vita.
Così che, pur nella differenza di due contesti ambientali e culturali, come quelli di Milano e Torino, potremmo considerare comune alle due coppie di architetti il grado di trasgressione da un razionalismo convenzionale teso a valorizzare come decisivi e autonomi elementi di figurazione strutture, tamponamenti, telai, tralicci, trasparenze, luce, colore; trasgressione che nell’ultimo dopoguerra ha inaugurato in Italia un capitolo nuovo dell’architettura moderna». (Guido Canella, Gino Levi-Montalcini e gli inizi torinesi dell’architettura moderna in Italia, in AA.VV, Gino Levi Montalcini. Architetture, disegni e scritti, numero monografico, «Atti e Rassegna Tecnica della Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino», Nuova serie, n. 2, anno 136, dicembre 2003, p. 38).

«[…] Le due case di montagna che Levi-Montalcini costruisce per le famiglie Ballarini e Marocco a Sauze d'Oulx (la Marocco con Paolo Ceresa), sono entrambe del 1947 e possono essere collegate, al di là della diversità del tema, all'antecedente della Colonia di Bardonecchia. Per molti versi, esse sono parte di un’esperienza collettiva, dato che intorno al tema dell'architettura montana si era costruita nel tempo una riflessione che aveva coinvolto alcuni dei migliori architetti torinesi. Ed era un tema di forte carica emblematica, perché come la casa rurale, anche quella di montagna veniva letta come frutto di un’esperienza non contaminata, nella quale l’architettura si sarebbe definita in base a vincoli di necessità, e dunque con una sua evidenza di ragioni. E tuttavia, non paiono derivarne elementi di certezza o soluzioni comuni: piuttosto un regime sperimentale che vede le scelte differenziarsi in modo progressivo, a volte anche all'interno dell'esperienza di uno stesso architetto. Di fronte alla vastità e all'imponenza del paesaggio, l'architettura sembra potersi liberare dell'alternativa tra mimesi e rivendicazione del nuovo, per scoprire una gamma più vasta e più complessa di possibilità. Non è dunque il purismo la strada che viene imboccata: piuttosto una ricerca elaborata intorno alla matericità di pietra, cemento e legno, alle tessiture dei materiali, al gioco dei volumi, al rapporto con il quadro naturale. Mollino è tra coloro che dell’architettura montana danno l'interpretazione più aperta e sperimentale, in genere esasperandone l'aspetto plastico: e nella stessa località e subito prima delle case di Levi-Montalcini (1946-1947) realizza la famosa stazione della slittovia detta del Lago Nero.
Le case di Levi-Montalcini sono tra loro parzialmente diverse in pianta, ma non nell’intenzione e nell’immagine. Entrambe sono in pietra nella parte inferiore e in legno in quella superiore, e ciò corrisponde a una sorta di sdoppiamento formale e concettuale: la pietra àncora al suolo e rappresenta il volume e il peso; il legno scuro espande la massa e si costruisce per sporti retti da saette e mensole, come in un complesso congegno. Sono determinanti i raccordi e gli sfalsamenti di piano tra legno, superfici intonacate e pietra. Le pareti esterne non sempre sono ortogonali, ma prevedono sfalsamenti e raccordi murari diagonali e in certi casi fuoriescono dalla verticalità. Il basamento si prolunga nelle terrazze e fissa il rapporto con il terreno. La falda unica, una sorta di “vela” retta da puntelli, aiuta a definire l'edificio in modo unitario e a conferirgli qualche solennità.
In effetti, la strada non sembra essere quella di prendere gli elementi della tradizione per “attualizzarli”, in base a un'esigenza “morale” e attraverso le sottigliezze di una rielaborazione poetica rattenuta e controllata: come per certi versi aveva fatto Albini nel suo famoso “rifugio” (l’albergo-rifugio Pirovano a Cervinia, 1949-1951). Per i torinesi, gli elementi della tradizione paiono piuttosto essere “pretesti” di un'esplorazione e di una manipolazione formale che cerca i suoi modi e le sue direzioni». (Daniele Vitale, Gino Levi-Montalcini e l’architettura torinese, in AA.VV, Gino Levi Montalcini. Architetture, disegni e scritti, numero monografico, «Atti e Rassegna Tecnica della Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino», Nuova serie, n. 2, anno 136, dicembre 2003, p. 56)

«[…] Le due ville costruite da Gino Levi-Montalcini a Sauze d’Oulx nel 1947 per le famiglie Marocco e Ballarini, oggi purtroppo distrutte, sono fra le più interessanti interpretazioni date dall’architettura moderna italiana al tema della casa di vacanza in montagna. […] «C’è una storia e un insegnamento del passaggio, nelle due costruzioni di montagna, dalla formula zoccolo di pietra e struttura superiore in legno, alla interferenza di muro e legno, in un effetto compositivo movimentato». Così le due ville costruite da Levi-Montalcini a Sauze d’Oulx nel 1947 sono presentate su «Domus» (Caratteri di un architetto, in «Domus», n. 286, settembre 1953, p. 11). Alla storia del luogo e al paesaggio sono attribuiti i principi d’ispirazione formale di questi edifici.
[…] Villa Marocco. La seconda villa, costruita per la famiglia Marocco e progettata con Paolo Ceresa, presenta una forma geometrica più regolare. La pianta è un trapezio rettangolo con la sola intromissione, al piano terra, di una bussola d’ingresso incassata che interrompe la regolarità del disegno. Nell’alzato tornano dei giochi d’intersezione e sovrapposizione fra piani trattati con materiali diversi, che conferiscono all’insieme una certa
movimentazione. Come nell’esempio precedente [Villa Ballarini], il basamento di pietra risolve l’attacco dell’edificio a terra colmando il dislivello tra la facciata verso valle e quella di monte. Il rivestimento in pietra trova però dei punti in cui prolungarsi improvvisamente verso l’alto, fino a raggiungere la copertura, come nel camino sul fronte nord o nel pilastro che regge lo sbalzo sopra l’ingresso verso sud. La facciata del piano terra è intonacata, con una lunga apertura orizzontale in corrispondenza del soggiorno. Il piano di sottotetto è anche qui caratterizzato dal rivestimento in legno, questa volta con le tavole disposte orizzontalmente. La facciata verso valle caratterizza la composizione attraverso le pareti di legno che fuoriescono dalla verticalità e si slanciano in avanti con una sporgenza rispetto al piano sottostante. Lo sbalzo di legno s’interrompe nell’ultimo tratto verso nord ed è sostituito da quattro puntoni di legno, del tutto simili a quelli di villa Ballarini, che proseguono la parete con la stessa inclinazione e reggono l’unica parte di tetto a sbalzo. La copertura a falda unica è in questo caso più discreta, sporgendo dalle facciate di pochi centimetri, tranne che nella parte sorretta dai puntelli.
Molti dei riferimenti richiamati per villa Ballarini sembrano valere anche per quest’altra casa, progettata lo stesso anno e in un’identica situazione. Tuttavia, in villa Marocco la composizione sembra più misurata e le forme ridotte a una geometria più semplice e lineare. Per questo il volto di questa villa sembra più orientato alle forme razionali che non a quelle organiche. Prevale qui un gioco d’incastri tra volumi semplici e squadrati, che utilizza l’accostamento di pietra, legno e intonaco per marcare le compenetrazioni. Alcuni di questi caratteri saranno poi ripresi e ulteriormente sviluppati da Paolo Ceresa per il progetto della villa San Sisto a Bardonecchia del 1953, dove il progettista ripropone, oltre al tema della parete inclinata in avanti e rivestita di legno, anche quella particolare conformazione «tridimensionale» delle facciate e delle falde di copertura che porta a leggere l’edificio in modo diverso secondo l’angolo di osservazione, come nella stazione di Mollino al Lago Nero. Anche le ville Ballarini e Marocco adottano al fondo questo principio, e ciascuno dei fronti appare sempre diverso da quello contiguo. Prevale anche qui una dimensione plastica della composizione». (Giacomo Menini, Costruire in cielo. L’architettura di montagna. Storie, visioni, controversie, Tesi di Dottorato in Composizione architettonica, Dipartimento di Progettazione dell’Architettura, Politecnico di Milano, relatore prof. Daniele Vitale, correlatore prof. Emanuele Levi-Montalcini, XXIII ciclo, 2011, pp. 119, 135-137)

«[…] una falda inclinata contraddistingueva le case di Levi Montalcini a Sauze d’Oulx (villa Ballarini e villa Marocco del 1947)». (Fabio Mangone, Gemma Belli, Maria Grazia Tampieri, Architettura e paesaggi della villeggiatura in Italia tra Otto e Novecento, Angeli, Milano 2015, pp. 145-146)

«Villa Marocco e Villa Ballarini. Le due ville, linguisticamente molto differenti dalla colonia IX maggio costruita sempre da Levi Montalcini a Bardonecchia nel 1938, sono costituite da un pesante basamento in pietra dal quale fuoriescono i volumi a sbalzo rivestiti in legno. I progetti si caratterizzano inoltre per il grande tetto a falda unica, sostenuto da diversi puntoni lignei, che apre la facciata principale sul panorama verso valle. I due edifici sono oggi distrutti (Istituto di Architettura Montana. Centro di ricerca. Dipartimento di Architettura e Design Politecnico di Torino - https://areeweb.polito.it/ricerca/IAM/?p=918)


1. Consistenza dell’opera al 2019 / Stato attuale

L’edificio è stato demolito


(Scheda a cura di Bianca Guiso con Gentucca Canella, DAD - Politecnico di Torino)

Info
  • Progetto: 1947 - 1947
  • Esecuzione: - 1947
  • Committente: Famiglia Marocco
  • Proprietà: Proprietà privata
  • Destinazione originaria: Villa unifamiliare
  • Destinazione attuale: Demolita
Autori
Nome Cognome Ruolo Fase Progetto Archivio Architetti Url Profilo Autore Principale
Paolo Ceresa Progetto architettonico Progetto SI
Gino Levi Montalcini Progetto architettonico Progetto https://www.treccani.it/enciclopedia/gino-levi-montalcini/ SI
  • Strutture: Strutture realizzate con muratura di blocchi prefabbricati e cemento armato
  • Materiale di facciata: Basamento in pietra e rivestimento in legno nella parte superiore
  • Coperture: Falda unica retta da puntelli
  • Serramenti: Serramenti in legno

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«1947 Villa Marocco a Salice d’Ulzio, a circa metri 1509 nella Valle della Dora Riparia. Architetto Gino Levi Montalcini. Veduta del prospetto principale e veduta dell’angolo a mezzogiorno. Sono da notare i serramenti esterni a palpebra, nel piano superiore. Il Montalcini è stato fra i primi assertori dell’architettura moderna in Italia». (Mario Cereghini, Costruire in montagna. Architettura e storia, Edizioni del Milione, Milano 1956, p. 340).

«[…] Non è dato di sapere come Persico avrebbe giudicato la Società Ippica Torinese, il capolavoro realizzato da Carlo Mollino tra il 1936 e il 1941, che lo stesso Pagano, superando la riserva sull’eccesso di forma, apprezza su “Casabella” del gennaio 1941, poiché, ancor più nel dopoguerra e seppure a distanza, tra il linguaggio di Levi-Montalcini e quello di Mollino, ormai quarantenni, si instaura una certa assonanza tecnica e figurativa, soprattutto nelle costruzioni realizzate in altura, con largo impiego di pietra locale, carpenteria di legno, corpi aggettanti, falda di copertura fortemente inclinata, dove per Levi-Montalcini valgono le ville Ballarini e Marocco entrambe (1947) a Sauze d’Oulx e, con Ceresa, la Torre di bollitura (1942-43) e la Centrale idroelettrica (1947-48) delle Cartiere Bosso a Lanzo.
Viene da pensare allora, per analogia, al rapporto di parallelismo, e forse di pari distanza, che a Milano corre tra il linguaggio di Albini e quello di Gardella, sui quali ha sicuramente influito il gusto di Persico: in Albini per sua stessa ammissione, in Gardella per l’attenzione prestata alla sua opera da Persico ancora in vita.
Così che, pur nella differenza di due contesti ambientali e culturali, come quelli di Milano e Torino, potremmo considerare comune alle due coppie di architetti il grado di trasgressione da un razionalismo convenzionale teso a valorizzare come decisivi e autonomi elementi di figurazione strutture, tamponamenti, telai, tralicci, trasparenze, luce, colore; trasgressione che nell’ultimo dopoguerra ha inaugurato in Italia un capitolo nuovo dell’architettura moderna». (Guido Canella, Gino Levi-Montalcini e gli inizi torinesi dell’architettura moderna in Italia, in AA.VV, Gino Levi Montalcini. Architetture, disegni e scritti, numero monografico, «Atti e Rassegna Tecnica della Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino», Nuova serie, n. 2, anno 136, dicembre 2003, p. 38).

«[…] Le due case di montagna che Levi-Montalcini costruisce per le famiglie Ballarini e Marocco a Sauze d'Oulx (la Marocco con Paolo Ceresa), sono entrambe del 1947 e possono essere collegate, al di là della diversità del tema, all'antecedente della Colonia di Bardonecchia. Per molti versi, esse sono parte di un’esperienza collettiva, dato che intorno al tema dell'architettura montana si era costruita nel tempo una riflessione che aveva coinvolto alcuni dei migliori architetti torinesi. Ed era un tema di forte carica emblematica, perché come la casa rurale, anche quella di montagna veniva letta come frutto di un’esperienza non contaminata, nella quale l’architettura si sarebbe definita in base a vincoli di necessità, e dunque con una sua evidenza di ragioni. E tuttavia, non paiono derivarne elementi di certezza o soluzioni comuni: piuttosto un regime sperimentale che vede le scelte differenziarsi in modo progressivo, a volte anche all'interno dell'esperienza di uno stesso architetto. Di fronte alla vastità e all'imponenza del paesaggio, l'architettura sembra potersi liberare dell'alternativa tra mimesi e rivendicazione del nuovo, per scoprire una gamma più vasta e più complessa di possibilità. Non è dunque il purismo la strada che viene imboccata: piuttosto una ricerca elaborata intorno alla matericità di pietra, cemento e legno, alle tessiture dei materiali, al gioco dei volumi, al rapporto con il quadro naturale. Mollino è tra coloro che dell’architettura montana danno l'interpretazione più aperta e sperimentale, in genere esasperandone l'aspetto plastico: e nella stessa località e subito prima delle case di Levi-Montalcini (1946-1947) realizza la famosa stazione della slittovia detta del Lago Nero. 
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In effetti, la strada non sembra essere quella di prendere gli elementi della tradizione per “attualizzarli”, in base a un'esigenza “morale” e attraverso le sottigliezze di una rielaborazione poetica rattenuta e controllata: come per certi versi aveva fatto Albini nel suo famoso “rifugio” (l’albergo-rifugio Pirovano a Cervinia, 1949-1951). Per i torinesi, gli elementi della tradizione paiono piuttosto essere “pretesti” di un'esplorazione e di una manipolazione formale che cerca i suoi modi e le sue direzioni». (Daniele Vitale, Gino Levi-Montalcini e l’architettura torinese, in AA.VV, Gino Levi Montalcini. Architetture, disegni e scritti, numero monografico, «Atti e Rassegna Tecnica della Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino», Nuova serie, n. 2, anno 136, dicembre 2003, p. 56)

«[…] Le due ville costruite da Gino Levi-Montalcini a Sauze d’Oulx nel 1947 per le famiglie Marocco e Ballarini, oggi purtroppo distrutte, sono fra le più interessanti interpretazioni date dall’architettura moderna italiana al tema della casa di vacanza in montagna. […] «C’è una storia e un insegnamento del passaggio, nelle due costruzioni di montagna, dalla formula zoccolo di pietra e struttura superiore in legno, alla interferenza di muro e legno, in un effetto compositivo movimentato». Così le due ville costruite da Levi-Montalcini a Sauze d’Oulx nel 1947 sono presentate su «Domus» (Caratteri di un architetto, in «Domus», n. 286, settembre 1953, p. 11). Alla storia del luogo e al paesaggio sono attribuiti i principi d’ispirazione formale di questi edifici. 
[…] Villa Marocco. La seconda villa, costruita per la famiglia Marocco e progettata con Paolo Ceresa, presenta una forma geometrica più regolare. La pianta è un trapezio rettangolo con la sola intromissione, al piano terra, di una bussola d’ingresso incassata che interrompe la regolarità del disegno. Nell’alzato tornano dei giochi d’intersezione e sovrapposizione fra piani trattati con materiali diversi, che conferiscono all’insieme una certa
movimentazione. Come nell’esempio precedente [Villa Ballarini], il basamento di pietra risolve l’attacco dell’edificio a terra colmando il dislivello tra la facciata verso valle e quella di monte. Il rivestimento in pietra trova però dei punti in cui prolungarsi improvvisamente verso l’alto, fino a raggiungere la copertura, come nel camino sul fronte nord o nel pilastro che regge lo sbalzo sopra l’ingresso verso sud. La facciata del piano terra è intonacata, con una lunga apertura orizzontale in corrispondenza del soggiorno. Il piano di sottotetto è anche qui caratterizzato dal rivestimento in legno, questa volta con le tavole disposte orizzontalmente. La facciata verso valle caratterizza la composizione attraverso le pareti di legno che fuoriescono dalla verticalità e si slanciano in avanti con una sporgenza rispetto al piano sottostante. Lo sbalzo di legno s’interrompe nell’ultimo tratto verso nord ed è sostituito da quattro puntoni di legno, del tutto simili a quelli di villa Ballarini, che proseguono la parete con la stessa inclinazione e reggono l’unica parte di tetto a sbalzo. La copertura a falda unica è in questo caso più discreta, sporgendo dalle facciate di pochi centimetri, tranne che nella parte sorretta dai puntelli.
Molti dei riferimenti richiamati per villa Ballarini sembrano valere anche per quest’altra casa, progettata lo stesso anno e in un’identica situazione. Tuttavia, in villa Marocco la composizione sembra più misurata e le forme ridotte a una geometria più semplice e lineare. Per questo il volto di questa villa sembra più orientato alle forme razionali che non a quelle organiche. Prevale qui un gioco d’incastri tra volumi semplici e squadrati, che utilizza l’accostamento di pietra, legno e intonaco per marcare le compenetrazioni. Alcuni di questi caratteri saranno poi ripresi e ulteriormente sviluppati da Paolo Ceresa per il progetto della villa San Sisto a Bardonecchia del 1953, dove il progettista ripropone, oltre al tema della parete inclinata in avanti e rivestita di legno, anche quella particolare conformazione «tridimensionale» delle facciate e delle falde di copertura che porta a leggere l’edificio in modo diverso secondo l’angolo di osservazione, come nella stazione di Mollino al Lago Nero. Anche le ville Ballarini e Marocco adottano al fondo questo principio, e ciascuno dei fronti appare sempre diverso da quello contiguo. Prevale anche qui una dimensione plastica della composizione». (Giacomo Menini, Costruire in cielo. L’architettura di montagna. Storie, visioni, controversie, Tesi di Dottorato in Composizione architettonica, Dipartimento di Progettazione dell’Architettura, Politecnico di Milano, relatore prof. Daniele Vitale, correlatore prof. Emanuele Levi-Montalcini, XXIII ciclo, 2011, pp. 119, 135-137)

«[…] una falda inclinata contraddistingueva le case di Levi Montalcini a Sauze d’Oulx (villa Ballarini e villa Marocco del 1947)». (Fabio Mangone, Gemma Belli, Maria Grazia Tampieri, Architettura e paesaggi della villeggiatura in Italia tra Otto e Novecento, Angeli, Milano 2015, pp. 145-146)

«Villa Marocco e Villa Ballarini. Le due ville, linguisticamente molto differenti dalla colonia IX maggio costruita sempre da Levi Montalcini a Bardonecchia nel 1938, sono costituite da un pesante basamento in pietra dal quale fuoriescono i volumi a sbalzo rivestiti in legno. I progetti si caratterizzano inoltre per il grande tetto a falda unica, sostenuto da diversi puntoni lignei, che apre la facciata principale sul panorama verso valle. I due edifici sono oggi distrutti (Istituto di Architettura Montana. Centro di ricerca. Dipartimento di Architettura e Design Politecnico di Torino - https://areeweb.polito.it/ricerca/IAM/?p=918)


1.	Consistenza dell’opera al 2019 / Stato attuale

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  • Vincolo: Non Vincolata
  • Provvedimenti di tutela: Nessuna opzione
  • Data Provvedimento:
  • Riferimento Normativo:
  • Altri Provvedimenti:
  • Foglio Catastale: -
  • Particella: -

Note

-

Bibliografia
Autore Anno Titolo Edizione Luogo Edizione Pagina Specifica
Cereghini Mario 1956 Costruire in montagna. Architettura e storia Edizioni del Milione Milano 343 No
AA.VV. 2003 Gino Levi Montalcini. Architetture, disegni e scritti, numero monografico Atti e Rassegna Tecnica della Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino, Nuova serie, n. 2, anno 136 No
Menini Giacomo 2011 Costruire in cielo. L’architettura di montagna. Storie, visioni, controversie, Tesi di Dottorato in Composizione architettonica, Dipartimento di Progettazione dell’Architettura, Politecnico di Milano, relatore prof. Daniele Vitale, correlatore prof. Emanuele Levi-Montalcini, XXIII ciclo, 2011 117-137 No
Mangone Fabio, Belli Gemma, Tampieri Maria Grazia 2015 Architettura e paesaggi della villeggiatura in Italia tra Otto e Novecento Franco Angeli Milano 145-146 No
De Rossi Antonio 2019 Case della modernità alpina. Spazi inaugurali di apertura, sperimentazione, sedimentazione ArchAlp, Nuova serie n. 3 44531 No

Allegati
File Didascalia Credito Fotografico
Veduta del prospetto principale Veduta del prospetto principale Tratto da – Cereghini, Architettura e storia 1956
Piante e sezione trasversale Piante e sezione trasversale Tratto da – Vitale, Levi-Montalcini, Atti e Rassegna Tecnica della Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino, Nuova serie n. 2, anno 136, 2003
Prospetti ovest, nord, est e sud Prospetti ovest, nord, est e sud Tratto da – Vitale, Levi-Montalcini, Atti e Rassegna Tecnica della Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino, Nuova serie n. 2, anno 136, 2003
Veduta dell’angolo di mezzogiorno Veduta dell’angolo di mezzogiorno Tratto da – Cereghini, Architettura e storia 1956

Criteri
1. L’edificio o l’opera di architettura è citata in almeno tre studi storico-sistematici sull’architettura contemporanea di livello nazionale e/o internazionale.
3. L’edificio o l’opera di architettura ha una riconosciuta importanza nel panorama dell’architettura nazionale, degli anni nei quali è stata costruita, anche in relazione ai contemporanei sviluppi sia del dibattito, sia della ricerca architettonica nazionale e internazionale,
4. L’edificio o l’opera di architettura riveste un ruolo significativo nell’ambito dell’evoluzione del tipo edilizio di pertinenza, ne offre un’interpretazione progressiva o sperimenta innovazioni di carattere distributivo e funzionale.
5. L’edificio o l’opera di architettura introduce e sperimenta significative innovazioni nell’uso dei materiali o nell’applicazione delle tecnologie costruttive.
6. L’edificio o l’opera di architettura è stata progettata da una figura di rilievo nel panorama dell’architettura nazionale e/o internazionale.
7. L’edificio o l’opera di architettura si segnala per il particolare valore qualitativo all’interno del contesto urbano in cui è realizzata.
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Crediti Scheda
Enti di riferimento: DGAAP - Segretariato Regionale per il Piemonte
Titolare della ricerca: Politecnico Torino Dipartimento Architettura e Design
Responsabile scientifico: Maria Adriana Giusti, Gentucca Canella (DAD)


Scheda redatta da Bianca Guiso con Gentucca Canella
creata il 31/12/2004
ultima modifica il 16/01/2025

Revisori:

Mezzino Davide 2021