Censimento delle architetture italiane dal 1945 ad oggi

VILLA VIGLIARDI PARAVIA

Scheda Opera

  • Dall’alto: planimetria, sezione, pianta piano terreno e pianta piano primo
  • Planimetria e disegno del prospetto anteriore diagonale
  • Sezione, pianta del piano terreno, pianta del primo piano e pianta della copertura
  • Mura perimetrali del giardino, anni Sessanta
  • Dettaglio del giardino, con piscina, anni Sessanta
  • Particolare del sistema di coperture, anni Sessanta
  • Particolare della copertura del portico, anni Sessanta
  • Particolare dell’interno del primo piano: oltre l’oblò l’ingresso al piano terra, anni Sessanta
  • Particolare della copertura, anni Sessanta
  • Particolare della copertura, anni Sessanta
  • Particolare del portico, anni Sessanta
  • Prospetto sud-ovest, anni Sessanta
  • Prospetto ovest, anni Sessanta
  • Prospetto est: corpo principale, anni Sessanta
  • Prospetto est: alloggio del custode, anni Sessanta
  • Dettaglio del corpo centrale e del sistema dei portici, anni Sessanta
  • Prospetto sud-ovest, anni Sessanta
  • Particolare della tettoia, anni Sessanta
  • Particolare del sistema di coperture, anni Sessanta
  • Vista, dall’alto, dell’ala porticata che conduce al padiglione-soggiorno, anni Sessanta
  • Uno scorcio del nucleo centrale dell’edificio, visto dal portico-galleria che lo conduce all’abitazione dei custodi e all’ingresso, anni Sessanta
  • Uno scorcio del nucleo centrale dell’edificio, visto dal portico-galleria che lo conduce all’abitazione dei custodi e all’ingresso, anni Sessanta
  • Accesso pedonale e veicolare, 2019
  • Dépendance del custode, 2019
  • Ortofoto, 2020
  • Comune: Candiolo
  • Denominazione: VILLA VIGLIARDI PARAVIA
  • Indirizzo: Strada per Vinovo N. 1
  • Data: 1961 - 1964
  • Tipologia: Abitazioni unifamiliari
  • Autori principali: Roberto Gabetti, Aimaro Isola
Descrizione

1. Opera originaria

«Casa di campagna a Candiolo. Il proprietario, anziché acquistare un lotto limitato in zona residenziale collinare, preferì insediarsi in un più vasto terreno agrario in pianura; una zona forse meno ricca e affascinante, ma in realtà più adatta al riposo, e all’impiego del tempo libero. “L’assenza completa di movimenti preesistenti nel terreno, e la mancanza (ad eccezione delle lontane Alpi) di fulcri immediati nel paesaggio, ha spinto ad accettare le suggestioni della pianura piemontese, affidando all’architettura stessa il compito di impegnare e qualificare gli spazi all’aperto. I gruppi abitativi (casa del custode, soggiorni, servizi, gruppo notte ed attrezzature annesse al campo di gioco e piscina) si snodano così, articolati da portici e da tetti, che, oltre alla funzione di “coprire” assolvono anche a quella di concludere ed interessare diversamente le zone del giardino”. “Così la piscina non è stata considerata come elemento a parte, ma è legata alla casa stessa, e sempre attiva con i suoi mutevoli riflessi sulla facciata”. Sui pilastri in muratura di mattoni normali si imposta la copertura a falde autoportanti, dovuta a Giuseppe Raineri, che, svolta in modo continuo su tutto l’edificio, dà luogo, nel corpo centrale, alla zona notte. Soggiorno, pranzo, galleria d’ingresso e scale del blocco centrale sono separati da pannelli scorrevoli, in modo da creare, facendoli scorrere, un unico ambiente». (La recente ricerca di R. Gabetti e A. Oreglia d’Isola in sei opere torinesi, in «L’architettura. Cronache e storia», n. 126, aprile 1966, pp. 786-791)

«Chiunque si accinga a costruire una casa in un qualsiasi paesaggio, che presenti una fisionomia precisa e subito riconoscibile determinata dalla sua stessa situazione geografica e dalle preesistenze ambientali, sarà indotto a progettarla cercando di raccogliere le indicazioni più autentiche che quell’ambiente gli suggerisce. In un paesaggio alpino, a contatto con una ben consolidata tradizione di architettura spontanea e con un intorno naturale fortemente caratterizzato, oppure in un’isola del Mediterraneo dove si manifestano lineamenti totalmente diversi ma altrettanto vigorosi, o in una qualsiasi località che formi una scena di particolare suggestione, sarà sempre più agevole operare che non in un paesaggio indifferenziato, nel quale siano in tutto o in parte attenuati i tratti significanti di natura o di ambiente. L’impostazione di questa casa nella pianura piemontese ci sembra riveli proprio una attenta volontà di cogliere i suggerimenti più sottili del particolare ambito entro il quale si voleva costruire: un tratto di campagna assolutamente piatta a perdita d’occhio, delimitato soltanto dalla presenza lontana della catena delle Alpi. In assenza di una qualsiasi altra indicazione fornita da elementi ben riconoscibili (un gruppo di alberi o un corso d’acqua) inseriti nello spazio erboso sul quale l’edificio doveva sorgere, gli architetti hanno deciso di esaltare i valori e le suggestioni del luogo distendendo l’edificio sul terreno secondo linee il più possibile allungate e liberamente angolate in modo da generare spazi vivibili differentemente attrezzati all’esterno della casa. Di più, la costruzione riesce a diventare essa stessa elemento determinante del paesaggio per la sua capacità di sottolineare le direttrici dominanti e contemporaneamente di sovrapporsi ad esse con una ben individuata presenza architettonica. Le tre parti essenziali – abitazione padronale, abitazione dei custodi e autorimessa, zona di ritrovo e di gioco – sono state dissociate l’una dall’altra formando tre padiglioni quadrati di diverso volume, collegati fra loro da lunghe e basse ali porticate. Il nucleo centrale si sviluppa su due piani: le camere da letto al primo piano, i soggiorni e i servizi al piano terra. Quest’ultimo è fortemente caratterizzato dalla netta separazione tra i soggiorni e i servizi ottenuta mediante un disimpegno a galleria che attraversa il fabbricato in tutta la sua profondità. Dal corpo centrale si staccano le due ali a portico, l’una che conduce all’abitazione dei custodi, posta in corrispondenza dell’ingresso alla proprietà, l’altra che raggiunge il padiglione formante soggiorno aperto e coperto, leggermente sopralzato rispetto al terreno. Lo spazio esterno compreso fra quest’ala e il corpo è quello di maggiore interesse, poiché su di esso prospettano tutti i locali del soggiorno, variamente ombreggiati dalla sporgenza delle gronde e dal loro svilupparsi sotto il porticato: esso è stato perciò organizzato con un tratto di pavimentazione esterna in lastre di pietra che raggiunge il largo bordo dell’ampia piscina rettangolare e da qui, lungo il porticato, il padiglione coperto ravvivato da una ricca vegetazione rampicante. Tutto l’edificio è stato realizzato con una gamma limitata di materiali: mattoni, lasciati a vista, per tutte le murature perimetrali e per i pilastri a forma di croce; calcestruzzo, anch’esso lasciato a vista, a soffitto dei portici e degli sbalzi di gronda; legno naturale per i serramenti e per le persiane scorrevoli; pietra per tutte le pavimentazioni esterne. Infine tegole a canale su tutta la copertura, che si sviluppa continuamente raccogliendo sotto le sue falde le varie parti della costruzione: i tre padiglioni assumono così la forma di basse piramidi che determinano un’ampia fascia d’ombra e che, verso l’esterno, si abbassano fin quasi a toccare il terreno […]». (Nella pianura piemontese una casa adagiata su un grande prato, in «Abitare», n. 49, ottobre 1966, pp. 28-31). Traduzione inglese: si

«La villa Vigliardi Paravia a Candiolo è costruita su di un lotto di pianura fra paese ed aperta campagna a circa venti chilometri da Torino. I proprietari la abitano tutto l’anno. Un tetto in coppi copre con continuità casa padronale, casa del custode, porticati, locali annessi alla piscina ed è portato da pilastroni in muratura di mattoni lasciati a vista. Al piano terreno il soggiorno ed i servizi; al piano superiore, compresi nelle falde del tetto i gruppi notte. Il giardino è ancora in via di sistemazione». (Villa nella pianura vicino a Torino, in «Edilizia Moderna», 82-83, 1966, p. 135)

«La costruzione è sita in un vasto appezzamento pianeggiante che ha suggerito l'articolazione in linea delle componenti l'edificio. I gruppi abitativi (casa del custode, soggiorno, servizi, gruppo notte ed attrezzature annesse al campo di gioco e piscina) si snodano nell'interrelazione di portici e di tetti. Anche la piscina non è considerata come elemento a sé, ma è intimamente legata al nucleo abitativo, riverberando sulla facciata i mutevoli riflessi delle acque. La struttura è in pilastri di muratura in mattoni normali, su cui si imposta la copertura a falde auto-portanti, con tamponature in mattoni. Soggiorno, pranzo, galleria d'ingresso e scale del blocco centrale sono separati da pannelli scorrevoli così da offrire la possibilità, all'occorrenza, di ottenere un unico vasto ambiente». (Giuseppe Luigi Marini (a cura di), Catalogo Bolaffi dell’Architettura Italiana 1963-1966, Giulio Bolaffi, Torino 1967, pp. 232-233)

«Il tetto e i portici sono l'elemento compositivo unificante dell'intero organismo architettonico. Attraverso di essi sono messi in relazione la casa del custode, il soggiorno, i servizi, la zona notte e le attrezzature annesse al campo da gioco e alla piscina.
La struttura della copertura, progettata da Giuseppe Raineri, è a falde autoportanti e si imposta su pilastri in mattoni. Il soggiorno, il pranzo, la galleria d'ingresso e le scale del blocco centrale sono separati da pannelli scorrevoli che al momento opportuno possono aprirsi dando luogo ad un unico ambiente». (Francesco Cellini, Claudio D’Amato, Gabetti e Isola: progetti e architetture, 1950-1985, Electa, Milano 1985, pp. 76-79)

«Come un grembo il tetto a falde autoportanti progettato da Giuseppe e Raineri accoglie la catena spaziale che il portico intreccia tra la residenza, la casa del custode e il padiglione delle attrezzature sportive.
Segnata dalla elaborazione della struttura muraria, che si fa portante nei pilastri in laterizio, l’opera non ne sente il peso per effetto dell'arretramento che la grande copertura sporgente ingiunge alle superfici di tamponamento. Il tetto “nasconde” ancora una volta la sostanza costruttiva rimandando l’adesione col suolo a una delicata, trasparente zona d'ombra.
Appoggiata questa volta sulla piattezza d’una pianura priva di riferimenti visivi l’architettura si affida all'idea di un abitare snodato su percorsi coperti che continua nelle internità, elasticamente scomponibili e intercambiabili in tutta la zona giorno dove pannellature scorrevoli segnano o cancellano i confini rigidi dell'abitare dando scena mutevole al paesaggio domestico. I tetti appaiono così come elemento quasi collinare a interrompere il profilo lineare, paesaggio costruito e leggermente sospeso, tra artificio e adesione alla natura». (Paolo Zermani, Gabetti e Isola, Zanichelli, Bologna 1989, pp. 52-55)

«[…] Cronologia: Dicembre 1961: schizzi di studio e primo progetto di massima; 9 febbraio 1962: il municipio di Candiolo rilascia il nullaosta all'esecuzione dei lavori; 20 febbraio 1962: offerta dell'impresa Bottoli; 1° marzo 1962: inizio dei lavori; 6 settembre 1963: la prefettura rilascia la licenza d'uso delle opere in cemento armato; 10 gennaio 1964 conclusione dei lavori […]». (Carlo Olmo, Gabetti e Isola: architetture, Umberto Allemandi & C., Torino 1993, pp. 29-30, 206-207)

«L’incarico per la progettazione della villa nasce dal consolidato rapporto di fiducia stabilitosi tra Gabetti e Isola e la società Paravia sin dalla realizzazione del complesso per abitazioni, negozi e uffici presso piazza Statuto a Torino (1858-60), né si esaurisce in tale rinnovata occasione: ancora per la Paravia i due architetti cureranno l’allestimento di una mostra dedicata a Torino nel 1962, oltre agli arredi e alla sistemazione di numerose sedi della società in diverse città italiane. La documentazione grafica che si è conservata comprende – eccezionalmente – anche numerosi schizzi di studio a mano libera, i primi dei quali databili agli ultimi mesi del 1961, che consentono di seguire l’opera sin dal suo nascere e nel suo progressivo prendere forma. Si tratta di un’evenienza non comune: gran parte dei progetti di Gabetti e Isola sono infatti documentati soltanto attraverso fasi progettuali compiute e talvolta limitatamente agli esecutivi. Da tali schizzi risulta impostata sin dall'approccio iniziale una forma allungata e fluida, allargata in posizione centrale per ospitare il corpo residenziale principale. Il quale ha inizialmente la forma di una mandorla cava all'interno, con stanze affacciate sul prospetto principale e servizi sul retro; compare anche una bozza di quella che diverrà, nelle fasi più avanzate dell'elaborazione, la galleria passante che penetra il blocco in senso longitudinale. La matita scivola poi a formulare un'ipotesi alternativa che sembra prevedere il raddoppiamento del nucleo a mandorla; ma non se ne trova un seguito. Tornati all'unico nucleo cavo si inizia a individuarne la configurazione geometrica attraverso una traccia delle coperture; ma è di nuovo la fluidità del segno a guidare la mano in successivi schizzi, nei quali compaiono i primi studi di sezioni tagliati sulla galleria. [...] La gestazione formale dell'impianto per la villa di Candiolo si conclude soltanto quando la geometria prende definitivamente il sopravvento e il tracciato delle coperture dei percorsi assume una più definita configurazione. A questo punto appare - o piuttosto si riconosce? - una matrice zoomorfa: si tratta di un granchio che sintetizza il processo formale sin qui riconosciuto. Al corpo corazzato del crostaceo corrisponde il corpo residenziale, le due ali di portico angolate agli arti, i padiglioni terminali alle chele. In realtà i primi studi planimetrici prevedono, oltre al nucleo residenziale principale e alle due braccia porticate che da esso si dipartono, un unico ulteriore volume cubico a sud, che ospita su due livelli il garage e l'alloggio del custode. Soltanto in una fase successiva anche l’ala porticata di nord-ovest riceve una propria appendice terminale, espansa tuttavia in direzione nord, verso il campo da tennis, e non rivolta a sud e alla piscina come negli ultimi elaborati nell'edificio realizzato. Al medesimo stadio iniziale appartiene una distribuzione planimetrica impostata, per quanto riguarda il piano terreno, intorno all'incrocio sugli assi di due gallerie voltate, dal quale si origina un ambiente centrale a crociera; il corpo residenziale, ancora stanzialmente compatto, è organizzato su una base geometrica pressoché quadrata e nell'ala sud del portico sono ricavati alcuni ambienti di servizio. Soltanto il nocciolo centrale dell'abitazione si alza al secondo piano, per ospitare le stanze da letto. Parte del restante ingombro corrispondente alla più vasta zona giorno sottostante è occupata da terrazzo che interrompono le due falde laterali della copertura: queste sono prolungate ben oltre i muri perimetrali, fino a spingersi vistosamente verso terra su entrambi i fianchi. L'unità del complesso sul fronte principale è assicurata dalla continuità del portico che ne segue l'andamento planimetrico senza interruzioni. Su di esso si aprono direttamente entrambe le gallerie, così che la superficie porticata esterna si prolunga virtualmente all'interno, penetrandolo secondo le due direttrici attuali assiali. Gli spazi di soggiorno, interamente vetrati in corrispondenza del portico, confermano la permeabilità del volume costruito, svuotando vistosamente la continuità della scatola muraria. La comparsa del vecchio volume cubico all’estremità del portico nord corrisponde al progressivo infrangersi della compattezza geometrica del nucleo residenziale e all'eliminazione delle zone abitabili dal portico sud. Se inizialmente le terrazze erano contenute all'interno della volumetria regolare dell'impianto di base, ora l'originaria unità si frantuma sin dal piano terreno, dilatato asimmetricamente in ogni direzione. In luogo delle due gallerie intersecate compare ora uno scalone centrale a T, passante lungo lasse longitudinale, cui è addossata alla scala che conduce alla zona residenziale privata del primo piano. Tornano anche in questa fase le terrazze tagliate nella copertura; sul fronte principale e nel fianco nord-ovest la tettoia che copre il portico è ora separata dal tetto del corpo della villa, emergente al di sopra di esso con la fascia di finestre del primo piano, mentre sul retro il tetto è a una sola falda, dal piano terreno al colmo.
Il passaggio alla soluzione finale si attua con l’eliminazione del salone centrale a T, sostituito da un’organizzazione degli spazi di rappresentanza più chiusa, ma allo stesso tempo flessibile. Sul fianco nord-ovest si attestano ora in sequenza la sala, il salotto e la stanza da pranzo, comunicanti tra loro e con la galleria passante longitudinale tramite porte scorrevoli, che consentono visuali e percorsi continui. […] Nella villa di Candiolo il concetto di organismo fluido, già insistentemente ricercato nei primi schizzi, ritorna in ciascuna delle fasi progettuali: nella continuità tra lo spazio esterno del portico e le due gallerie intersecate, poi nel salone passante a T, infine nella potenziale eliminabilità degli elementi divisori degli spazi di soggiorno. Una analoga coerenza si riscontra nel trattamento del portico e delle coperture, cui si attribuisce sin dall’avvio dello studio la funzione di elementi di riaggregazione del complesso. Nel progetto esecutivo tornano infine le terrazze poste a interrompere la continuità delle falde del tetto: ora in posizione assiale sui prospetti rivolti a est e a nord, in corrispondenza dell’innesto del braccio porticato a ovest e anche, con virtuosistico compiacimento, nell'angolo nord-est, in corrispondenza della linea di colmo. La struttura delle coperture progettata da Giuseppe Raineri a falde autoportanti su pilastri in mattoni, è tale da consentire simili articolazioni. La casa del custode segue le vicende formali del nucleo residenziale principale in ogni stadio della progettazione, presentando, al termine del processo, un analogo trattamento delle coperture. Il padiglione attestato sul versante opposto ospita gli spogliatoi e la sala macchine per le attrezzature della piscina. L’analisi dei successivi stadi attraversati dalla villa nel suo progressivo avvicinamento all'assetto definitivo mostra come ciascuna delle fasi progettuali sia posta sotto un forte segno wrightiano: a partire dal concetto stesso di fluidità dello spazio, che informa tanto la “casa di campagna” piemontese quanto l'insieme delle prairie houses, per proseguire con la comune tendenza alla scomposizione di una volumetria inizialmente compatta, ricostituita attraverso ripetuti incastri volumetrici. Analogie significative si riscontrano anche nell'adozione di singoli elementi compositivi: la struttura a padiglioni isolati e collegati da ali porticate; la galleria passante […]». (Andrea Guerra, Manuela Morresi, Gabetti e Isola: opere di architettura, Electa, Milano 1996, pp. 75-80)

«La villa, per gli stessi editori per i quali gli architetti avevano realizzato un edificio ad appartamenti a Torino, è caratterizzata dalla continuità dell’elemento di copertura. Come per la sede ippica, infatti, poco distante per cronologia e dislocazione, la copertura – la cui struttura a falde autoportanti su pilastri in mattoni è risolta da Raineri – è il tema progettuale che unifica funzioni e spazi: la casa padronale e le due appendici indipendenti, costituite dalla casa del custode e dal volume delle attrezzature sportive, entrambe rinsaldate alla costruzione principale per mezzo di porticati disegnati come articolazione e specificazione di un unico grande tetto. Dal corpo centrale a padiglione emergono falde che indicano lo sviluppo di un secondo piano in corrispondenza delle stanze da letto; queste si ricongiungono poi sinuosamente alla quota delle falde del porticato, che proiettano nello spazio del giardino i due volumi cubici secondari». (Maria Adriana Giusti, Rosa Tamborrino, Guida all'architettura del Novecento in Piemonte (1902-2006), Allemandi, Torino 2008, p. 162)

2. Consistenza dell’opera al 2019 / Stato attuale

L’opera mantiene la destinazione d’uso originaria a residenza unifamiliare. Presenta un buono stato di conservazione e non ha subito trasformazioni a livello compositivo e strutturale.

(Scheda a cura di Bianca Guiso, DAD - Politecnico di Torino)

Info
  • Progetto: 1961 - 1963
  • Esecuzione: 1963 - 1964
  • Committente: Società Paravia
  • Proprietà: Proprietà privata
  • Destinazione originaria: Villa
  • Destinazione attuale: Villa
Autori
Nome Cognome Ruolo Fase Progetto Archivio Architetti Url Profilo Autore Principale
Impresa Bottoli Giulio e Figli Impresa esecutrice Esecuzione NO
Roberto Gabetti Progetto architettonico Progetto Visualizza Profilo https://www.treccani.it/enciclopedia/roberto-gabetti/ SI
Aimaro Isola Progetto architettonico Progetto Visualizza Profilo https://www.isolarchitetti.com/index.php/isolarchitetti-studio SI
Giuseppe Raineri Progetto strutturale Progetto Visualizza Profilo https://www.studiolambro.it/profilo/ NO
  • Strutture: Struttura in cls, portico in pilastri di mattoni, murature perimetrali in mattoni
  • Materiale di facciata: Mattoni a vista
  • Coperture: Copertura in tegole a canale con struttura a falde autoportanti impostate sui pilastri in mattoni
  • Serramenti: Serramenti e persiane scorrevoli in legno naturale
  • Stato Strutture: Ottimo
  • Stato Materiale di facciata: Ottimo
  • Stato Coperture: Ottimo
  • Stato Serramenti: Ottimo

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«Casa di campagna a Candiolo. Il proprietario, anziché acquistare un lotto limitato in zona residenziale collinare, preferì insediarsi in un più vasto terreno agrario in pianura; una zona forse meno ricca e affascinante, ma in realtà più adatta al riposo, e all’impiego del tempo libero. “L’assenza completa di movimenti preesistenti nel terreno, e la mancanza (ad eccezione delle lontane Alpi) di fulcri immediati nel paesaggio, ha spinto ad accettare le suggestioni della pianura piemontese, affidando all’architettura stessa il compito di impegnare e qualificare gli spazi all’aperto. I gruppi abitativi (casa del custode, soggiorni, servizi, gruppo notte ed attrezzature annesse al campo di gioco e piscina) si snodano così, articolati da portici e da tetti, che, oltre alla funzione di “coprire” assolvono anche a quella di concludere ed interessare diversamente le zone del giardino”. “Così la piscina non è stata considerata come elemento a parte, ma è legata alla casa stessa, e sempre attiva con i suoi mutevoli riflessi sulla facciata”. Sui pilastri in muratura di mattoni normali si imposta la copertura a falde autoportanti, dovuta a Giuseppe Raineri, che, svolta in modo continuo su tutto l’edificio, dà luogo, nel corpo centrale, alla zona notte. Soggiorno, pranzo, galleria d’ingresso e scale del blocco centrale sono separati da pannelli scorrevoli, in modo da creare, facendoli scorrere, un unico ambiente». (La recente ricerca di R. Gabetti e A. Oreglia d’Isola in sei opere torinesi, in «L’architettura. Cronache e storia», n. 126, aprile 1966, pp. 786-791)

«Chiunque si accinga a costruire una casa in un qualsiasi paesaggio, che presenti una fisionomia precisa e subito riconoscibile determinata dalla sua stessa situazione geografica e dalle preesistenze ambientali, sarà indotto a progettarla cercando di raccogliere le indicazioni più autentiche che quell’ambiente gli suggerisce. In un paesaggio alpino, a contatto con una ben consolidata tradizione di architettura spontanea e con un intorno naturale fortemente caratterizzato, oppure in un’isola del Mediterraneo dove si manifestano lineamenti totalmente diversi ma altrettanto vigorosi, o in una qualsiasi località che formi una scena di particolare suggestione, sarà sempre più agevole operare che non in un paesaggio indifferenziato, nel quale siano in tutto o in parte attenuati i tratti significanti di natura o di ambiente. L’impostazione di questa casa nella pianura piemontese ci sembra riveli proprio una attenta volontà di cogliere i suggerimenti più sottili del particolare ambito entro il quale si voleva costruire: un tratto di campagna assolutamente piatta a perdita d’occhio, delimitato soltanto dalla presenza lontana della catena delle Alpi. In assenza di una qualsiasi altra indicazione fornita da elementi ben riconoscibili (un gruppo di alberi o un corso d’acqua) inseriti nello spazio erboso sul quale l’edificio doveva sorgere, gli architetti hanno deciso di esaltare i valori e le suggestioni del luogo distendendo l’edificio sul terreno secondo linee il più possibile allungate e liberamente angolate in modo da generare spazi vivibili differentemente attrezzati all’esterno della casa. Di più, la costruzione riesce a diventare essa stessa elemento determinante del paesaggio per la sua capacità di sottolineare le direttrici dominanti e contemporaneamente di sovrapporsi ad esse con una ben individuata presenza architettonica. Le tre parti essenziali – abitazione padronale, abitazione dei custodi e autorimessa, zona di ritrovo e di gioco – sono state dissociate l’una dall’altra formando tre padiglioni quadrati di diverso volume, collegati fra loro da lunghe e basse ali porticate. Il nucleo centrale si sviluppa su due piani: le camere da letto al primo piano, i soggiorni e i servizi al piano terra. Quest’ultimo è fortemente caratterizzato dalla netta separazione tra i soggiorni e i servizi ottenuta mediante un disimpegno a galleria che attraversa il fabbricato in tutta la sua profondità. Dal corpo centrale si staccano le due ali a portico, l’una che conduce all’abitazione dei custodi, posta in corrispondenza dell’ingresso alla proprietà, l’altra che raggiunge il padiglione formante soggiorno aperto e coperto, leggermente sopralzato rispetto al terreno. Lo spazio esterno compreso fra quest’ala e il corpo è quello di maggiore interesse, poiché su di esso prospettano tutti i locali del soggiorno, variamente ombreggiati dalla sporgenza delle gronde e dal loro svilupparsi sotto il porticato: esso è stato perciò organizzato con un tratto di pavimentazione esterna in lastre di pietra che raggiunge il largo bordo dell’ampia piscina rettangolare e da qui, lungo il porticato, il padiglione coperto ravvivato da una ricca vegetazione rampicante. Tutto l’edificio è stato realizzato con una gamma limitata di materiali: mattoni, lasciati a vista, per tutte le murature perimetrali e per i pilastri a forma di croce; calcestruzzo, anch’esso lasciato a vista, a soffitto dei portici e degli sbalzi di gronda; legno naturale per i serramenti e per le persiane scorrevoli; pietra per tutte le pavimentazioni esterne. Infine tegole a canale su tutta la copertura, che si sviluppa continuamente raccogliendo sotto le sue falde le varie parti della costruzione: i tre padiglioni assumono così la forma di basse piramidi che determinano un’ampia fascia d’ombra e che, verso l’esterno, si abbassano fin quasi a toccare il terreno […]». (Nella pianura piemontese una casa adagiata su un grande prato, in «Abitare», n. 49, ottobre 1966, pp. 28-31). Traduzione inglese: si

«La villa Vigliardi Paravia a Candiolo è costruita su di un lotto di pianura fra paese ed aperta campagna a circa venti chilometri da Torino. I proprietari la abitano tutto l’anno. Un tetto in coppi copre con continuità casa padronale, casa del custode, porticati, locali annessi alla piscina ed è portato da pilastroni in muratura di mattoni lasciati a vista. Al piano terreno il soggiorno ed i servizi; al piano superiore, compresi nelle falde del tetto i gruppi notte. Il giardino è ancora in via di sistemazione». (Villa nella pianura vicino a Torino, in «Edilizia Moderna», 82-83, 1966, p. 135)

«La costruzione è sita in un vasto appezzamento pianeggiante che ha suggerito l'articolazione in linea delle componenti l'edificio. I gruppi abitativi (casa del custode, soggiorno, servizi, gruppo notte ed attrezzature annesse al campo di gioco e piscina) si snodano nell'interrelazione di portici e di tetti. Anche la piscina non è considerata come elemento a sé, ma è intimamente legata al nucleo abitativo, riverberando sulla facciata i mutevoli riflessi delle acque. La struttura è in pilastri di muratura in mattoni normali, su cui si imposta la copertura a falde auto-portanti, con tamponature in mattoni. Soggiorno, pranzo, galleria d'ingresso e scale del blocco centrale sono separati da pannelli scorrevoli così da offrire la possibilità, all'occorrenza, di ottenere un unico vasto ambiente». (Giuseppe Luigi Marini (a cura di), Catalogo Bolaffi dell’Architettura Italiana 1963-1966, Giulio Bolaffi, Torino 1967, pp. 232-233)

«Il tetto e i portici sono l'elemento compositivo unificante dell'intero organismo architettonico. Attraverso di essi sono messi in relazione la casa del custode, il soggiorno, i servizi, la zona notte e le attrezzature annesse al campo da gioco e alla piscina.
La struttura della copertura, progettata da Giuseppe Raineri, è a falde autoportanti e si imposta su pilastri in mattoni. Il soggiorno, il pranzo, la galleria d'ingresso e le scale del blocco centrale sono separati da pannelli scorrevoli che al momento opportuno possono aprirsi dando luogo ad un unico ambiente». (Francesco Cellini, Claudio D’Amato, Gabetti e Isola: progetti e architetture, 1950-1985, Electa, Milano 1985, pp. 76-79)

«Come un grembo il tetto a falde autoportanti progettato da Giuseppe e Raineri accoglie la catena spaziale che il portico intreccia tra la residenza, la casa del custode e il padiglione delle attrezzature sportive.
Segnata dalla elaborazione della struttura muraria, che si fa portante nei pilastri in laterizio, l’opera non ne sente il peso per effetto dell'arretramento che la grande copertura sporgente ingiunge alle superfici di tamponamento. Il tetto “nasconde” ancora una volta la sostanza costruttiva rimandando l’adesione col suolo a una delicata, trasparente zona d'ombra.
Appoggiata questa volta sulla piattezza d’una pianura priva di riferimenti visivi l’architettura si affida all'idea di un abitare snodato su percorsi coperti che continua nelle internità, elasticamente scomponibili e intercambiabili in tutta la zona giorno dove pannellature scorrevoli segnano o cancellano i confini rigidi dell'abitare dando scena mutevole al paesaggio domestico. I tetti appaiono così come elemento quasi collinare a interrompere il profilo lineare, paesaggio costruito e leggermente sospeso, tra artificio e adesione alla natura». (Paolo Zermani, Gabetti e Isola, Zanichelli, Bologna 1989, pp. 52-55)

«[…] Cronologia: Dicembre 1961: schizzi di studio e primo progetto di massima; 9 febbraio 1962: il municipio di Candiolo rilascia il nullaosta all'esecuzione dei lavori; 20 febbraio 1962: offerta dell'impresa Bottoli; 1° marzo 1962: inizio dei lavori; 6 settembre 1963: la prefettura rilascia la licenza d'uso delle opere in cemento armato; 10 gennaio 1964 conclusione dei lavori […]». (Carlo Olmo, Gabetti e Isola: architetture, Umberto Allemandi & C., Torino 1993, pp. 29-30, 206-207)

«L’incarico per la progettazione della villa nasce dal consolidato rapporto di fiducia stabilitosi tra Gabetti e Isola e la società Paravia sin dalla realizzazione del complesso per abitazioni, negozi e uffici presso piazza Statuto a Torino (1858-60), né si esaurisce in tale rinnovata occasione: ancora per la Paravia i due architetti cureranno l’allestimento di una mostra dedicata a Torino nel 1962, oltre agli arredi e alla sistemazione di numerose sedi della società in diverse città italiane. La documentazione grafica che si è conservata comprende – eccezionalmente – anche numerosi schizzi di studio a mano libera, i primi dei quali databili agli ultimi mesi del 1961, che consentono di seguire l’opera sin dal suo nascere e nel suo progressivo prendere forma. Si tratta di un’evenienza non comune: gran parte dei progetti di Gabetti e Isola sono infatti documentati soltanto attraverso fasi progettuali compiute e talvolta limitatamente agli esecutivi. Da tali schizzi risulta impostata sin dall'approccio iniziale una forma allungata e fluida, allargata in posizione centrale per ospitare il corpo residenziale principale. Il quale ha inizialmente la forma di una mandorla cava all'interno, con stanze affacciate sul prospetto principale e servizi sul retro; compare anche una bozza di quella che diverrà, nelle fasi più avanzate dell'elaborazione, la galleria passante che penetra il blocco in senso longitudinale. La matita scivola poi a formulare un'ipotesi alternativa che sembra prevedere il raddoppiamento del nucleo a mandorla; ma non se ne trova un seguito. Tornati all'unico nucleo cavo si inizia a individuarne la configurazione geometrica attraverso una traccia delle coperture; ma è di nuovo la fluidità del segno a guidare la mano in successivi schizzi, nei quali compaiono i primi studi di sezioni tagliati sulla galleria. [...] La gestazione formale dell'impianto per la villa di Candiolo si conclude soltanto quando la geometria prende definitivamente il sopravvento e il tracciato delle coperture dei percorsi assume una più definita configurazione. A questo punto appare - o piuttosto si riconosce? - una matrice zoomorfa: si tratta di un granchio che sintetizza il processo formale sin qui riconosciuto. Al corpo corazzato del crostaceo corrisponde il corpo residenziale, le due ali di portico angolate agli arti, i padiglioni terminali alle chele. In realtà i primi studi planimetrici prevedono, oltre al nucleo residenziale principale e alle due braccia porticate che da esso si dipartono, un unico ulteriore volume cubico a sud, che ospita su due livelli il garage e l'alloggio del custode. Soltanto in una fase successiva anche l’ala porticata di nord-ovest riceve una propria appendice terminale, espansa tuttavia in direzione nord, verso il campo da tennis, e non rivolta a sud e alla piscina come negli ultimi elaborati nell'edificio realizzato. Al medesimo stadio iniziale appartiene una distribuzione planimetrica impostata, per quanto riguarda il piano terreno, intorno all'incrocio sugli assi di due gallerie voltate, dal quale si origina un ambiente centrale a crociera; il corpo residenziale, ancora stanzialmente compatto, è organizzato su una base geometrica pressoché quadrata e nell'ala sud del portico sono ricavati alcuni ambienti di servizio. Soltanto il nocciolo centrale dell'abitazione si alza al secondo piano, per ospitare le stanze da letto. Parte del restante ingombro corrispondente alla più vasta zona giorno sottostante è occupata da terrazzo che interrompono le due falde laterali della copertura: queste sono prolungate ben oltre i muri perimetrali, fino a spingersi vistosamente verso terra su entrambi i fianchi. L'unità del complesso sul fronte principale è assicurata dalla continuità del portico che ne segue l'andamento planimetrico senza interruzioni. Su di esso si aprono direttamente entrambe le gallerie, così che la superficie porticata esterna si prolunga virtualmente all'interno, penetrandolo secondo le due direttrici attuali assiali. Gli spazi di soggiorno, interamente vetrati in corrispondenza del portico, confermano la permeabilità del volume costruito, svuotando vistosamente la continuità della scatola muraria. La comparsa del vecchio volume cubico all’estremità del portico nord corrisponde al progressivo infrangersi della compattezza geometrica del nucleo residenziale e all'eliminazione delle zone abitabili dal portico sud. Se inizialmente le terrazze erano contenute all'interno della volumetria regolare dell'impianto di base, ora l'originaria unità si frantuma sin dal piano terreno, dilatato asimmetricamente in ogni direzione. In luogo delle due gallerie intersecate compare ora uno scalone centrale a T, passante lungo lasse longitudinale, cui è addossata alla scala che conduce alla zona residenziale privata del primo piano. Tornano anche in questa fase le terrazze tagliate nella copertura; sul fronte principale e nel fianco nord-ovest la tettoia che copre il portico è ora separata dal tetto del corpo della villa, emergente al di sopra di esso con la fascia di finestre del primo piano, mentre sul retro il tetto è a una sola falda, dal piano terreno al colmo. 
Il passaggio alla soluzione finale si attua con l’eliminazione del salone centrale a T, sostituito da un’organizzazione degli spazi di rappresentanza più chiusa, ma allo stesso tempo flessibile. Sul fianco nord-ovest si attestano ora in sequenza la sala, il salotto e la stanza da pranzo, comunicanti tra loro e con la galleria passante longitudinale tramite porte scorrevoli, che consentono visuali e percorsi continui. […] Nella villa di Candiolo il concetto di organismo fluido, già insistentemente ricercato nei primi schizzi, ritorna in ciascuna delle fasi progettuali: nella continuità tra lo spazio esterno del portico e le due gallerie intersecate, poi nel salone passante a T, infine nella potenziale eliminabilità degli elementi divisori degli spazi di soggiorno. Una analoga coerenza si riscontra nel trattamento del portico e delle coperture, cui si attribuisce sin dall’avvio dello studio la funzione di elementi di riaggregazione del complesso. Nel progetto esecutivo tornano infine le terrazze poste a interrompere la continuità delle falde del tetto: ora in posizione assiale sui prospetti rivolti a est e a nord, in corrispondenza dell’innesto del braccio porticato a ovest e anche, con virtuosistico compiacimento, nell'angolo nord-est, in corrispondenza della linea di colmo. La struttura delle coperture progettata da Giuseppe Raineri a falde autoportanti su pilastri in mattoni, è tale da consentire simili articolazioni. La casa del custode segue le vicende formali del nucleo residenziale principale in ogni stadio della progettazione, presentando, al termine del processo, un analogo trattamento delle coperture. Il padiglione attestato sul versante opposto ospita gli spogliatoi e la sala macchine per le attrezzature della piscina. L’analisi dei successivi stadi attraversati dalla villa nel suo progressivo avvicinamento all'assetto definitivo mostra come ciascuna delle fasi progettuali sia posta sotto un forte segno wrightiano: a partire dal concetto stesso di fluidità dello spazio, che informa tanto la “casa di campagna” piemontese quanto l'insieme delle prairie houses, per proseguire con la comune tendenza alla scomposizione di una volumetria inizialmente compatta, ricostituita attraverso ripetuti incastri volumetrici. Analogie significative si riscontrano anche nell'adozione di singoli elementi compositivi: la struttura a padiglioni isolati e collegati da ali porticate; la galleria passante […]». (Andrea Guerra, Manuela Morresi, Gabetti e Isola: opere di architettura, Electa, Milano 1996, pp. 75-80)

«La villa, per gli stessi editori per i quali gli architetti avevano realizzato un edificio ad appartamenti a Torino, è caratterizzata dalla continuità dell’elemento di copertura. Come per la sede ippica, infatti, poco distante per cronologia e dislocazione, la copertura – la cui struttura a falde autoportanti su pilastri in mattoni è risolta da Raineri – è il tema progettuale che unifica funzioni e spazi: la casa padronale e le due appendici indipendenti, costituite dalla casa del custode e dal volume delle attrezzature sportive, entrambe rinsaldate alla costruzione principale per mezzo di porticati disegnati come articolazione e specificazione di un unico grande tetto. Dal corpo centrale a padiglione emergono falde che indicano lo sviluppo di un secondo piano in corrispondenza delle stanze da letto; queste si ricongiungono poi sinuosamente alla quota delle falde del porticato, che proiettano nello spazio del giardino i due volumi cubici secondari». (Maria Adriana Giusti, Rosa Tamborrino, Guida all'architettura del Novecento in Piemonte (1902-2006), Allemandi, Torino 2008, p. 162)

2.	Consistenza dell’opera al 2019 / Stato attuale  

L’opera mantiene la destinazione d’uso originaria a residenza unifamiliare. Presenta un buono stato di conservazione e non ha subito trasformazioni a livello compositivo e strutturale.

(Scheda a cura di Bianca Guiso, DAD - Politecnico di Torino)
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Note

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Bibliografia
Autore Anno Titolo Edizione Luogo Edizione Pagina Specifica
1966 Nella pianura piemontese una casa adagiata su un grande prato Abitare n. 49 28-31 No
1966 La recente ricerca di R. Gabetti e A. Oreglia d’Isola in sei opere torinesi L’architettura. Cronache e storia n. 126 786-791 No
1966 Villa nella pianura vicino a Torino Edilizia Moderna n. 82-83 135 No
Marini Giuseppe Luigi (a cura di) 1967 Catalogo Bolaffi dell’Architettura Italiana 1963-1966 Giulio Bolaffi Torino 232-233 No
1971 Gabetti, Isola, Raineri, Monografie di Architetti e Designers Europei – Serie Italiana Serca Editrice Chiasso No
De Feo Giovanna, Valeriani Enrico (a cura di) 1981 Architetture italiane degli anni ’70 De Luca Roma 67 No
De Seta Cesare 1981 L’Architettura del Novecento Utet Torino 183 No
Cellini Francesco, D’Amato Claudio 1985 Gabetti e Isola. Progetti e architetture, 1950-1985 Electa Milano 76-80 No
Ferrari Fulvio (a cura di) 1986 Gabetti e Isola. Mobili 1950-1970, Prefazione di Paolo Portoghesi Allemandi Torino 13 No
Zermani Paolo 1989 Gabetti e Isola Zanichelli Bologna 52-55 No
AA.VV. 1993 Architettura del XX secolo Jaca Book Bologna 210 No
Olmo Carlo 1993 Gabetti e Isola: architetture Umberto Allemandi & C. Torino 29-30, 149, 206-207 No
Acocella Alfonso 1994 Tetti in laterizio Laterconsult Roma No
Guerra Andrea, Morresi Manuela 1996 Gabetti e Isola: opere di architettura Electa Milano 75-79, 306 No
Vicari Alessandro 1997 Gabetti & Isola, per un uso progettuale del tetto, in «Costruire in laterizio» n. 59, 1997 332-333 No
Capuano Alessandra 1999 Dalla forma alla materia GROMA Giornale del DAAC Dipartimento di Architettura e Analisi della Città, Università degli Studi di Roma «La Sapienza», n. 10 No
Foppiano Anna 2003 Gabetti & Isola Villa Vigliardi-Paravia, Candiolo (Torino), 1961-1964 Abitare n. 432 326-327 No
Dell’Osso Riccardo 2008 L’architettura della villa Maggioli Santarcangelo di Romagna 175 No
Giusti Maria Adriana, Tamborrino Rosa 2008 Guida all'architettura del Novecento in Piemonte (1902-2006) Allemandi Torino 162 No
Canella Gentucca, Mellano Paolo 2017 Roberto Gabetti: 1925-2000 Franco Angeli Milano 119 No

Allegati
File Didascalia Credito Fotografico
Dall’alto: planimetria, sezione, pianta piano terreno e pianta piano primo Dall’alto: planimetria, sezione, pianta piano terreno e pianta piano primo Tratto da - Gabetti Oreglia d’Isola, L’architettura. Cronache e storia 1966
Planimetria e disegno del prospetto anteriore diagonale Planimetria e disegno del prospetto anteriore diagonale Tratto da - Cellini, D’Amato, Electa 1985
Sezione, pianta del piano terreno, pianta del primo piano e pianta della copertura Sezione, pianta del piano terreno, pianta del primo piano e pianta della copertura Tratto da - Cellini, D’Amato, Electa 1985
Mura perimetrali del giardino, anni Sessanta Mura perimetrali del giardino, anni Sessanta Tratto da - Gabetti Oreglia d’Isola, L’architettura. Cronache e storia 1966
Dettaglio del giardino, con piscina, anni Sessanta Dettaglio del giardino, con piscina, anni Sessanta Tratto da - Gabetti Oreglia d’Isola, L’architettura. Cronache e storia 1966
Particolare del sistema di coperture, anni Sessanta Particolare del sistema di coperture, anni Sessanta Tratto da - Gabetti Oreglia d’Isola, L’architettura. Cronache e storia 1966
Particolare della copertura del portico, anni Sessanta Particolare della copertura del portico, anni Sessanta Tratto da - Gabetti Oreglia d’Isola, L’architettura. Cronache e storia 1966
Particolare dell’interno del primo piano: oltre l’oblò l’ingresso al piano terra, anni Sessanta Particolare dell’interno del primo piano: oltre l’oblò l’ingresso al piano terra, anni Sessanta Tratto da - Gabetti Oreglia d’Isola, L’architettura. Cronache e storia 1966
Particolare della copertura, anni Sessanta Particolare della copertura, anni Sessanta Tratto da - Gabetti Oreglia d’Isola, L’architettura. Cronache e storia 1966
Particolare della copertura, anni Sessanta Particolare della copertura, anni Sessanta Tratto da - Gabetti Oreglia d’Isola, L’architettura. Cronache e storia 1966
Particolare del portico, anni Sessanta Particolare del portico, anni Sessanta Tratto da - Gabetti Oreglia d’Isola, L’architettura. Cronache e storia 1966
Prospetto sud-ovest, anni Sessanta Prospetto sud-ovest, anni Sessanta Tratto da - Edilizia Moderna n. 82-83, 1966
Prospetto ovest, anni Sessanta Prospetto ovest, anni Sessanta Tratto da - Edilizia Moderna n. 82-83, 1966
Prospetto est: corpo principale, anni Sessanta Prospetto est: corpo principale, anni Sessanta Tratto da - Cellini, D’Amato, Electa 1985
Prospetto est: alloggio del custode, anni Sessanta Prospetto est: alloggio del custode, anni Sessanta Tratto da - Cellini, D’Amato, Electa 1985
Dettaglio del corpo centrale e del sistema dei portici, anni Sessanta Dettaglio del corpo centrale e del sistema dei portici, anni Sessanta Tratto da - Cellini, D’Amato, Electa 1985
Prospetto sud-ovest, anni Sessanta Prospetto sud-ovest, anni Sessanta Aldo Ballo, Archivio Gabetti e Isola
Particolare della tettoia, anni Sessanta Particolare della tettoia, anni Sessanta Aldo Ballo, Archivio Gabetti e Isola
Particolare del sistema di coperture, anni Sessanta Particolare del sistema di coperture, anni Sessanta Aldo Ballo, Archivio Gabetti e Isola
Vista, dall’alto, dell’ala porticata che conduce al padiglione-soggiorno, anni Sessanta Vista, dall’alto, dell’ala porticata che conduce al padiglione-soggiorno, anni Sessanta Aldo Ballo, tratto da - Abitare n. 49, 1966
Uno scorcio del nucleo centrale dell’edificio, visto dal portico-galleria che lo conduce all’abitazione dei custodi e all’ingresso, anni Sessanta Uno scorcio del nucleo centrale dell’edificio, visto dal portico-galleria che lo conduce all’abitazione dei custodi e all’ingresso, anni Sessanta Aldo Ballo, tratto da - Abitare n. 49, 1966
Uno scorcio del nucleo centrale dell’edificio, visto dal portico-galleria che lo conduce all’abitazione dei custodi e all’ingresso, anni Sessanta Uno scorcio del nucleo centrale dell’edificio, visto dal portico-galleria che lo conduce all’abitazione dei custodi e all’ingresso, anni Sessanta Aldo Ballo, tratto da - Abitare n. 49, 1966
Accesso pedonale e veicolare, 2019 Accesso pedonale e veicolare, 2019 Bianca Guiso - 2019
Dépendance del custode, 2019 Dépendance del custode, 2019 Bianca Guiso - 2019
Ortofoto, 2020 Ortofoto, 2020 Google maps - 2020

Criteri
1. L’edificio o l’opera di architettura è citata in almeno tre studi storico-sistematici sull’architettura contemporanea di livello nazionale e/o internazionale.
2. L’edificio o l’opera di architettura è illustrata in almeno due riviste di architettura di livello nazionale e/o internazionale.
3. L’edificio o l’opera di architettura ha una riconosciuta importanza nel panorama dell’architettura nazionale, degli anni nei quali è stata costruita, anche in relazione ai contemporanei sviluppi sia del dibattito, sia della ricerca architettonica nazionale e internazionale,
4. L’edificio o l’opera di architettura riveste un ruolo significativo nell’ambito dell’evoluzione del tipo edilizio di pertinenza, ne offre un’interpretazione progressiva o sperimenta innovazioni di carattere distributivo e funzionale.
5. L’edificio o l’opera di architettura introduce e sperimenta significative innovazioni nell’uso dei materiali o nell’applicazione delle tecnologie costruttive.
6. L’edificio o l’opera di architettura è stata progettata da una figura di rilievo nel panorama dell’architettura nazionale e/o internazionale.
7. L’edificio o l’opera di architettura si segnala per il particolare valore qualitativo all’interno del contesto urbano in cui è realizzata.
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Crediti Scheda
Enti di riferimento: DGAAP - Segretariato Regionale per il Piemonte
Titolare della ricerca: Politecnico Torino Dipartimento Architettura e Design
Responsabile scientifico: Maria Adriana Giusti, Gentucca Canella (DAD)


Scheda redatta da Bianca Guiso
creata il 31/12/2004
ultima modifica il 10/05/2024

Revisori:

Mezzino Davide 2021