Censimento delle architetture italiane dal 1945 ad oggi

SOPRAELEVAZIONE DEL VILLINO ALATRI

Scheda Opera

  • Pianta piano attico
  • Particolare attacco villino Alatri
  • Vista esterna
  • Particolare facciata su via Paisiello
  • Comune: Roma
  • Località: Pinciano
  • Denominazione: SOPRAELEVAZIONE DEL VILLINO ALATRI
  • Indirizzo: Via Giovanni Paisiello N. 38
  • Data: 1948 - 1952
  • Tipologia: Interventi di recupero e trasformazione
  • Autori principali: Mario Ridolfi, Wolfgang Frankl, Mario Fiorentino
Descrizione

Il villino Alatri è un edificio residenziale di Roma situato nel quartiere Pinciano (su via Giovanni Paisiello, angolo via Vincenzo Bellini). Nella sua struttura originaria il villino viene edificato, tra il 1924 e il 1928, da Vittorio Ballio Morpurgo con una struttura ad L, con asse maggiore ed accesso con portale lungo via Paisiello, a filo di strada su due lati e delimitato sugli altri due da un giardino. L’edificio di due piani fuori terra, più seminterrato ed attico (secondo piano ribassato, con abbaini), era dominato da un'altana quadrangolare con loggia aperta. Lo stile (barocchetto) dell’intero manufatto corrisponde a quelli che erano i principi in voga in quegli anni: nicchie dentro le quali si aprivano finestre, balconi a sporgenza, logge, bugnato in posizione angolare.

A commissionare la sopraelevazione (ben tre piani) nel 1948 sono le tre famiglie proprietarie dell’edificio: la famiglia Bonetti, la famiglia Golinelli e la famiglia Guavento. La prima idea (nonché il reperimento dell'incarico, uno dei primi progetti del secondo dopoguerra) è di Fiorentino, il quale, assieme a Ridolfi e Frankl, in uno dei loro primi lavori insieme, immagina due corpi innestati a T dissimmetrica. Presto ci si accorge che il regolamento edilizio non consente la soluzione a meno di rinunciare a troppa cubatura: il progetto allora assume una pianta a C, come è già accaduto nella Palazzina Colombo di Ridolfi, e viene approvato in seguito ad una variazione del piano particolareggiato di zona. Il progetto di sopraelevazione comporta quindi un incremento della superficie dell’edificio preesistente, a spese del giardino e dell’attico, che furono sostituiti con tre nuovi piani e con un nuovo attico. Ridolfi, con la temerarietà che lo contraddistingue, non si pone la benché minima remora, superando di slancio il problema dell'ambientamento con un progetto magari discutibile, ma di una brillantezza progettuale stupefacente, dimostrando il coraggio ma soprattutto la capacità di irrompere nel tessuto urbano esistente con una nuova architettura. In quegli anni Ridolfi viene coinvolto in prima persona in quell'atteggiamento di riflessione critica sull'architettura funzionalista che va sotto il nome di “architettura organica” e questo progetto può essere considerato una prima testimonianza della sua personale elaborazione.

La sopraelevazione si diversifica molto dal villino barocchetto su cui poggia: è evidente come alcune scelte formali vogliano simbolicamente rappresentare un segno di netta discontinuità con il recente passato. In tale intervento è palese la capacità di Ridolfi, Fiorentino e Frankl di intervenire, seppure in maniera antitetica, su una preesistenza, individuandone le geometrie e le regole compositive che vengono poi moltiplicate e sovvertite nell'intervento di sopraelevazione. La soluzione rasenta il virtuosismo: le strutture portanti in murature vengono usate come “fondazioni” della nuova struttura in cemento armato, riducendo il vecchio edificio a semplice basamento del nuovo. Nella sopraelevazione è palesato l‘avanzamento tecnologico dei sistemi costruttivi utilizzati e l‘intervento dimostra la fiducia nella crescita delle città per stratificazione e addizione. Ogni dialogo formale con l’edificio preesistente viene rifiutato e si agisce per differenziazione e continuità: quanto questo era caratterizzato da valori “murari” e di chiaroscuro, tanto la nuova costruzione è articolata, aerea, trasparente. È chiara ed evidente la volontà dei tre architetti di contrapporsi e negare l’architettura della preesistenza cercando così di ridonare all’edificio una sua dignità e una sua identità architettonica e condensando in un'unica struttura due tendenze architettoniche del Novecento italiano.

La sopraelevazione aggetta, rispetto alla facciata sottostante, con una balconata continua sui fronti stradali, che alterna campi lisci a fioriere corrugate (una soluzione notevole e tipicamente ridolfiana che anticipa nelle forme quelle della Palazzina Zaccardi del 1954), ingloba i raffinati infissi del giardino d’inverno su via Paisiello ed assorbe gli sfalsamenti tra le tamponature dei vari ambienti, riconducendoli a un prospetto unitario a prevalenza orizzontale, coronato da una copertura di sapore organico. La serie dei contrappunti tra sopraelevazione e basamento viene moltiplicata proprio dai balconi vetrati, episodi particolari che, ricomponendo una volumetria virtuale dell’edificio, permettono di “misurare” le continue variazioni dei paramenti murari di facciata. La qualità architettonica risulta tutta concentrata sull'angolo tra via Paisiello e via Bellini, sviluppando in altezza il tema del vuoto suggerito dalla preesistente loggetta colonnata. Gli incastri delle travi in cemento armato a vista ricordano le case per l'impresa Rech e Festa all'E42, solo arricchite dalle fratture dei cordoli orizzontali e dalla vivacità delle parti metalliche, ringhiere e gazebo.

“Il dato era assai speciale: ad una costruzione a due piani, di un barocchetto così zuccheroso da costituire quasi un vuoto, un negativo, gli architetti hanno sovrapposto un volume nuovo di ben tre piani. C’era quindi da domandarsi se questo plinto su cui la nuova costruzione doveva poggiare sarebbe entrato a farne parte integrante, almeno come ritmo, o sarebbe rimasto un semplice appoggio, zoccolatura, fondazione neutra. Questo problema che poteva anche diventare negativo ha agito invece come uno stimolo […] Il carattere delle strutture orizzontali in vista, perentorio negli interni, è evidente anche all’esterno, sottolineato dalla dosatura dei colori e dalla libertà delle pilastrature, e da certe minute e felici invenzioni di dettaglio”. (Metron, 1954)

A testimoniare il ruolo di snodo di quest’opera tra diversi fasi dell’attività progettuale ridolfiana troviamo soluzioni distributive e linguistiche razionaliste, associate ad elementi ricorrenti in lavori successivi. Si riscontrano infatti analogie planimetriche con la Palazzina Colombo (1935-38), sebbene qui, nei grandi alloggi, gli ambienti di rappresentanza siano più fluidamente connessi per mezzo di partizioni basse e trasparenti. La distribuzione interna prevede un grande corpo scala padronale, che si innesta sul precedente, una scala di servizio e due ascensori che servono tutti i nuovi piani: i primi due sono piuttosto simili, mentre il terzo si sviluppa su due livelli, e al piano superiore si trovano lo studio, una camera da letto e un bagno; a questo stesso piano si trovano anche tre terrazze. Ognuno dei tre piani ospita un appartamento, diviso in due differenti zone: una di servizio, composta da cucina, dispensa, guardaroba, bagno e due camere da letto, e una padronale, composta da un ampio ingresso da cui si accede alla zona pranzo, all'office, ai vari salotti, soggiorni e terrazze, e alla zona notte, suddivisa in tre-quattro camere da letto e tre bagni.

Info
  • Progetto: 1948 - 1948
  • Esecuzione: 1949 - 1952
  • Tipologia Specifica: Sopralevazione
  • Committente: Famiglia Bonetti, famiglia Golinelli, famiglia Guavento
  • Proprietà: Proprietà privata
  • Destinazione originaria: abitazioni
  • Destinazione attuale: abitazioni e uffici
Autori
Nome Cognome Ruolo Fase Progetto Archivio Architetti Url Profilo Autore Principale
Mario Fiorentino Progetto architettonico Progetto Visualizza Profilo https://www.treccani.it/enciclopedia/mario-fiorentino_(Dizionario-Biografico)/ SI
Wolfgang Frankl Progetto architettonico Progetto Visualizza Profilo https://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/siusa/pagina.pl?TipoPag=prodpersona&Chiave=40722 SI
Mario Ridolfi Progetto architettonico Progetto Visualizza Profilo https://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/siusa/pagina.pl?TipoPag=prodpersona&Chiave=32832 SI
  • Strutture: cemento armato
  • Materiale di facciata: intonaco, metallo, vetro
  • Coperture: piana
  • Stato Strutture: Buono
  • Stato Materiale di facciata: Mediocre

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A commissionare la sopraelevazione (ben tre piani) nel 1948 sono le tre famiglie proprietarie dell’edificio: la famiglia Bonetti, la famiglia Golinelli e la famiglia Guavento. La prima idea (nonché il reperimento dell'incarico, uno dei primi progetti del secondo dopoguerra) è di Fiorentino, il quale, assieme a Ridolfi e Frankl, in uno dei loro primi lavori insieme, immagina due corpi innestati a T dissimmetrica. Presto ci si accorge che il regolamento edilizio non consente la soluzione a meno di rinunciare a troppa cubatura: il progetto allora assume una pianta a C, come è già accaduto nella Palazzina Colombo di Ridolfi, e viene approvato in seguito ad una variazione del piano particolareggiato di zona. Il progetto di sopraelevazione comporta quindi un incremento della superficie dell’edificio preesistente, a spese del giardino e dell’attico, che furono sostituiti con tre nuovi piani e con un nuovo attico. Ridolfi, con la temerarietà che lo contraddistingue, non si pone la benché minima remora, superando di slancio il problema dell'ambientamento con un progetto magari discutibile, ma di una brillantezza progettuale stupefacente, dimostrando il coraggio ma soprattutto la capacità di irrompere nel tessuto urbano esistente con una nuova architettura. In quegli anni Ridolfi viene coinvolto in prima persona in quell'atteggiamento di riflessione critica sull'architettura funzionalista che va sotto il nome di “architettura organica” e questo progetto può essere considerato una prima testimonianza della sua personale elaborazione.

La sopraelevazione si diversifica molto dal villino barocchetto su cui poggia: è evidente come alcune scelte formali vogliano simbolicamente rappresentare un segno di netta discontinuità con il recente passato. In tale intervento è palese la capacità di Ridolfi, Fiorentino e Frankl di intervenire, seppure in maniera antitetica, su una preesistenza, individuandone le geometrie e le regole compositive che vengono poi moltiplicate e sovvertite nell'intervento di sopraelevazione. La soluzione rasenta il virtuosismo: le strutture portanti in murature vengono usate come “fondazioni” della nuova struttura in cemento armato, riducendo il vecchio edificio a semplice basamento del nuovo. Nella sopraelevazione è palesato l‘avanzamento tecnologico dei sistemi costruttivi utilizzati e l‘intervento dimostra la fiducia nella crescita delle città per stratificazione e addizione. Ogni dialogo formale con l’edificio preesistente viene rifiutato e si agisce per differenziazione e continuità: quanto questo era caratterizzato da valori “murari” e di chiaroscuro, tanto la nuova costruzione è articolata, aerea, trasparente. È  chiara ed evidente la volontà dei tre architetti di contrapporsi e negare l’architettura della preesistenza cercando così di ridonare all’edificio una sua dignità e una sua identità architettonica e condensando in un'unica struttura due tendenze architettoniche del Novecento italiano.

La sopraelevazione aggetta, rispetto alla facciata sottostante, con una balconata continua sui fronti stradali, che alterna campi lisci a fioriere corrugate (una soluzione notevole e tipicamente ridolfiana che anticipa nelle forme quelle della Palazzina Zaccardi del 1954), ingloba i raffinati infissi del giardino d’inverno su via Paisiello ed assorbe gli sfalsamenti tra le tamponature dei vari ambienti, riconducendoli a un prospetto unitario a prevalenza orizzontale, coronato da una copertura di sapore organico. La serie dei contrappunti tra sopraelevazione e basamento viene moltiplicata proprio dai balconi vetrati, episodi particolari che, ricomponendo una volumetria virtuale dell’edificio, permettono di “misurare” le continue variazioni dei paramenti murari di facciata. La qualità architettonica risulta tutta concentrata sull'angolo tra via Paisiello e via Bellini, sviluppando in altezza il tema del vuoto suggerito dalla preesistente loggetta colonnata. Gli incastri delle travi in cemento armato a vista ricordano le case per l'impresa Rech e Festa all'E42, solo arricchite dalle fratture dei cordoli orizzontali e dalla vivacità delle parti metalliche, ringhiere e gazebo.

“Il dato era assai speciale: ad una costruzione a due piani, di un barocchetto così zuccheroso da costituire quasi un vuoto, un negativo, gli architetti hanno sovrapposto un volume nuovo di ben tre piani. C’era quindi da domandarsi se questo plinto su cui la nuova costruzione doveva poggiare sarebbe entrato a farne parte integrante, almeno come ritmo, o sarebbe rimasto un semplice appoggio, zoccolatura, fondazione neutra. Questo problema che poteva anche diventare negativo ha agito invece come uno stimolo […] Il carattere delle strutture orizzontali in vista, perentorio negli interni, è evidente anche all’esterno, sottolineato dalla dosatura dei colori e dalla libertà delle pilastrature, e da certe minute e felici invenzioni di dettaglio”. (Metron, 1954)

A testimoniare il ruolo di snodo di quest’opera tra diversi fasi dell’attività progettuale ridolfiana troviamo soluzioni distributive e linguistiche razionaliste, associate ad elementi ricorrenti in lavori successivi. Si riscontrano infatti analogie planimetriche con la Palazzina Colombo (1935-38), sebbene qui, nei grandi alloggi, gli ambienti di rappresentanza siano più fluidamente connessi per mezzo di partizioni basse e trasparenti. La distribuzione interna prevede un grande corpo scala padronale, che si innesta sul precedente, una scala di servizio e due ascensori che servono tutti i nuovi piani: i primi due sono piuttosto simili, mentre il terzo si sviluppa su due livelli, e al piano superiore si trovano lo studio, una camera da letto e un bagno; a questo stesso piano si trovano anche tre terrazze. Ognuno dei tre piani ospita un appartamento, diviso in due differenti zone: una di servizio, composta da cucina, dispensa, guardaroba, bagno e due camere da letto, e una padronale, composta da un ampio ingresso da cui si accede alla zona pranzo, all'office, ai vari salotti, soggiorni e terrazze, e alla zona notte, suddivisa in tre-quattro camere da letto e tre bagni. 
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  • Vincolo: Non Vincolata
  • Provvedimenti di tutela: Nessuna opzione
  • Data Provvedimento:
  • Riferimento Normativo:
  • Altri Provvedimenti:
  • Foglio Catastale: -
  • Particella: -

Note

Per Ridolfi quello l’intervento sull'edilizia esistente, esprimendo la volontà di aderire alla complessità dei fattori urbani e più in generale quello della contestualizzazione, è il tema che lo coinvolge per tutta la vita. Questo modo di concepire la contestualizzazione è piuttosto europeo e allineato con le più moderne tecniche di percezione della città moderna. È altrettanto vero che in una città come Roma divengono innumerevoli i fattori vincolanti che derivano dalle preesistenze e le dinamiche che influenzano l’architettura sono molteplici, quindi diviene ancor più complesso concepire la localizzazione di un edificio moderno all'interno del tessuto storico. In particolare è necessario che il progettista possegga una sensibilità estrema nei confronti di questi fattori che devono necessariamente e obbligatoriamente essere rispettati in tutte le loro sfaccettature.

Bibliografia
Autore Anno Titolo Edizione Luogo Edizione Pagina Specifica
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Calisi Daniele 2017 Unusual geometries in Ridolfi’s stair design. The case study of Villino Alatri in Rome XY n. 3 140-155 Si

Fonti Archivistiche
Titolo Autore Ente Descrizione Conservazione
Fondo Ridolfi Frankl Malagricci Mario Ridolfi, Wolfgang Frankl Accademia Nazionale di San Luca, Roma Sopraelevazione del villino Alatri a Roma

Allegati
File Didascalia Credito Fotografico
Pianta piano attico Pianta piano attico
Particolare attacco villino Alatri Particolare attacco villino Alatri
Vista esterna Vista esterna
Particolare facciata su via Paisiello Particolare facciata su via Paisiello

Criteri
1. L’edificio o l’opera di architettura è citata in almeno tre studi storico-sistematici sull’architettura contemporanea di livello nazionale e/o internazionale.
2. L’edificio o l’opera di architettura è illustrata in almeno due riviste di architettura di livello nazionale e/o internazionale.
3. L’edificio o l’opera di architettura ha una riconosciuta importanza nel panorama dell’architettura nazionale, degli anni nei quali è stata costruita, anche in relazione ai contemporanei sviluppi sia del dibattito, sia della ricerca architettonica nazionale e internazionale,
4. L’edificio o l’opera di architettura riveste un ruolo significativo nell’ambito dell’evoluzione del tipo edilizio di pertinenza, ne offre un’interpretazione progressiva o sperimenta innovazioni di carattere distributivo e funzionale.
6. L’edificio o l’opera di architettura è stata progettata da una figura di rilievo nel panorama dell’architettura nazionale e/o internazionale.
Sitografia ed altri contenuti online
Titolo Url
Sopraelevazione del villino Alatri a Roma Visualizza
Enciclopedia Treccani - Mario Fiorentino Visualizza
MAXXI Patrimonio - Mario Fiorentino Visualizza
Fondo Ridolfi-Frankl-Malagricci Visualizza
SAN Archivi degli Architetti - Mario Ridolfi Visualizza
Dizionario biografico degli Italiani - Mario Ridolfi Visualizza
Enciclopedia Treccani - Mario Ridolfi Visualizza

Crediti Scheda
Enti di riferimento: PaBAAC - Direzione Regionale per il Lazio
Titolare della ricerca: Università degli studi di Roma "Sapienza"
Responsabile scientifico: Piero Ostilio Rossi


Scheda redatta da
creata il 31/12/2012
ultima modifica il 28/02/2025

Revisori:

Alberto Coppo 2021