STABILIMENTO OLIVETTI - EDIFICIO «SGRELLI»
Scheda Opera
- Comune: Ivrea
- Località: Quartiere San Lorenzo
- Denominazione: STABILIMENTO OLIVETTI - EDIFICIO «SGRELLI»
- Indirizzo: Corso Massimo d’Azeglio N. 69
- Data: 1961 - 1963
- Tipologia: Edifici per attività produttive
- Autori principali: Ezio Sgrelli
Descrizione
1. Opera originaria
«Nell’ottobre del 1936, Massimo Olivetti e Giuseppe Beccio avviarono, ad Ivrea, il progetto della prima Telescrivente Olivetti, per una fornitura destinata alla Marina Militare Italiana.
L’uscita dei primi due prototipi, nel 1937, e la presentazione ufficiale del nuovo prodotto al Salone della Meccanica di Torino, nell’anno successivo, generarono programmi produttivi tali da comportare una completa trasformazione delle linee di montaggio, trasformazione il cui sviluppo venne interrotto dal sopravvenire degli eventi bellici, nel corso dei quali non venne però abbandonata l’attività di progetto e ricerca nel campo specifico della scrittura a distanza.
Nel 1950, dopo la battuta d’arresto imposta dal conflitto mondiale, l’azienda concentrò nuovamente i suoi sforzi organizzativi per ottimizzare la produzione dei nuovi modelli di telescriventi, ma l’allestimento dei nuovi reparti nell’edificio già destinato alla produzione degli schedari Synthesis, che in quel periodo venivano trasferiti a Massa, si rivelò presto insufficiente.
L’intero processo produttivo venne quindi rilocalizzato presso il comprensorio di San Lorenzo, nel centro di Ivrea, nella sede delle ex Officine Zanzi, che la Olivetti aveva rilevato; i fabbricati esistenti furono oggetto di adattamenti e modifiche, ed un nuovo edificio si rese necessario per consentire la razionalizzazione delle fasi di montaggio.
Nei primi anni Sessanta, il fabbricato di Ezio Sgrelli si inserisce quindi nel contesto industriale del quartiere San Lorenzo, completando e chiudendo sul lato est il gruppo degli edifici originari, che si sviluppano intorno ad una palazzina dei primi del secolo.
La costruzione, a tre piani fuori terra, è caratterizzata da una pianta rettangolare molto allungata (circa 81 metri per 15), e offre ad ogni piano oltre 1.200 metri quadrati di superficie completamente libera da ingombri verticali.
La particolare struttura in cemento armato viene infatti gestita per mezzo di grandi pilastri: vere e proprie torri svettanti oltre l’ultimo solaio, in numero di nove per ogni lato, disposte lungo le fronti maggiori, ad interasse di nove metri e sessanta centimetri.
Le torri (2,40 x 1,20 metri in pianta, con cavedio interno destinato all’impiantistica) portano le travi di bordo, alte e sottili, visibili sui prospetti est e ovest, fra le quali è ordito il solaio in cemento armato con nervature ortogonali rispetto alle travi stesse.
Le nervature, con luce libera di 14,40 metri, sono poste ad interasse di 120 centimetri, secondo il modulo di facciata, e sono visibili all’intradosso dei solai nei tratti non controsoffittati.
L’inconsueta impostazione strutturale può far facilmente confondere le imponenti travi di bordo con semplici tamponamenti di sottodavanzale, nonostante la finitura in calcestruzzo a vista, lasciando l’osservatore ignaro della funzione statica che esse sono chiamate a svolgere.
Conseguenza diretta delle scelte costruttive, ma non per questo meno singolare, è la soluzione adottata dal progettista per risolvere e realizzare l’unico giunto di dilatazione presente nel fabbricato: le travi di bordo di una intera campata vengono tagliate in prossimità delle “torri” portanti, e sagomate a “T” in modo da poter essere sostenute per semplice appoggio, insieme al tratto di solaio fra esse compreso.
Si verifica quindi che un’intera “fetta” di edificio risulti sospesa fra le due stremità del fabbricato, rimanendo da esse scollegata e indipendente, come si può notare dal coprigiunto di facciata, ottenendo così un efficace assorbimento degli assestamenti verticali ed orizzontali.
Il solaio piano di copertura, lungo l’asse mediano maggiore, è interrotto da un’infilata di trentatré lucernari Lanterplex (ognuno pari a circa quattro metri quadrati di superficie traslucida), che aggiungono abbondante luce zenitale all’illuminazione bilaterale, di per sé già ottima.
Sulla testata sud, un corpo di fabbrica di ampiezza ridotta funge da collegamento con gli edifici esistenti, accogliendo inoltre il vano corsa del montacarichi e le macchine ad esso relative.
Al piano terreno dell’appendice suddetta, una pensilina strallata in metallo e legno offre riparo alle operazioni di carico e scarico merci, e rappresenta l’ingresso principale dell’edificio, con accesso indiretto anche ad una delle due scale.
L’altra scala, sulla testata nord, è accessibile direttamente dall’esterno, mediante una porta di servizio aperta sul fronte ovest.
Entrambe le scale sono realizzate nell’ambito di un vano a pianta quadrata; le rampe si sviluppano però diagonalmente, con gradini incastrati al muro di spina portante centrale, inclinato di 45 gradi, con conseguenti pianerottoli triangolari.
In prossimità delle scale, sul fronte nord, trovano posto i servizi igienici; sul fronte sud, oltre ai servizi, gli spogliatoi, che in variante al progetto lasceranno posto ad un ulteriore impianto di ascensore.
Le parti in cemento a vista dei prospetti vengono accostate ai serramenti a nastro in ferrofinestra, con parti apribili inferiori a vasistas e fascia superiore tamponata con Allprofil.
I toni grigi di cemento e vetro sono ravvivati dalle parti metalliche dei serramenti, laccate in rosso vivo, mentre il tamponamento sottodavanzale del piano terreno, l’unico a non avere funzione portante, è rivestito con piastrelle di ceramica di colore blu scuro.
Infine i frangisole, costituiti da vele verticali fisse in Salvit bianco, di spessore 25 mm, ancorate ortogonalmente ai montanti dei serramenti, mediante staffe metalliche sagomate, secondo il modulo di 120 cm.
Il Salvit viene utilizzato anche sulla testata nord, a finitura dei sottodavanzali, in luogo del calcestruzzo a vista presente, per esigenze statiche, sui lati maggiori ad est e ad ovest.
I getti del calcestruzzo a vista, eseguiti a regola d’arte, si presentano con superfici perfettamente omogenee e continue, anche sui grandi pilastri ove le riprese di getto sono state realizzate in corrispondenza di profondi scuretti.
Le finiture interne risultano curate ed essenziali già in fase di progetto, in particolare per le scale, che vengono previste, con rivestimento di alzate e pedate in vinilico grigio-azzurro marezzato, corrimano in legno di rovere, con giunzioni a vista a coda di rondine, e muri di spina portanti in calcestruzzo “spuntato”.
In sede esecutiva questo tipo di finitura del calcestruzzo viene sostituita, e si adotta lo stesso rivestimento dei casseri con teli di juta utilizzato per le superfici esterne, il cui effetto finale è ancor oggi apprezzabile.
Sulle tavole di progetto non appare, nonostante le minuziose e precise indicazioni relative ai materiali e alle finiture, la pitturazione color argento del cemento armato a vista delle scale, probabilmente frutto di intervento successivo.
Molte le varianti in sede di progetto: la soluzione originaria, del giugno 1961, prevedeva due soli piani fuori terra; nell’ottobre dell’anno successivo vengono aggiunti il terzo piano fuori terra, un secondo gruppo di servizi per ogni piano ed una scala sulla testata sud.
Nel progetto di variante viene introdotta inoltre la fascia di lucernari in copertura, non presente nella prima soluzione, e risultano maggiorate le dimensioni delle torri portanti, in funzione dei nuovi carichi previsti». (Daniele Boltri, Giovanni Maggia, Enrico Papa, Pier Paride Vidari, Architetture olivettiane a Ivrea. I luoghi del lavoro e i servizi socio-assistenziali di fabbrica, Gangemi, Roma 1998, pp. 98-103)
«L’edificio è a tre piani fuori terra e a pianta rettangolare allungata. La sua struttura in cemento armato è costituita da grandi torri-pilastro, ciascuna con cavedio interno destinato all’impiantistica; le torri-pilastro sostengono le travi di bordo visibili in facciata, fra le quali è ordito il solaio con nervature ortogonali rispetto alle travi stesse. Le parti strutturali sono interamente in cemento a vista: una soluzione che, assieme ai serramenti a nastro in ferro e alle finestre con frangisole, caratterizza i prospetti dell’edificio. I toni di grigio del cemento e del vetro sono ravvivati dalle parti metalliche dei serramenti in rosso vivo, mentre il tamponamento sotto davanzale del piano terreno, l’unico a non avere funzione portante, è rivestito con piastrelle di ceramica di colore blu scuro. Da rimarcare il tipo di finitura del calcestruzzo a vista: i casseri, infatti, vennero rivestiti in fase di getto con tela di iuta, ottenendo così un insolito effetto superficiale ancora oggi visibile». (Patrizia Bonifazio, Enrico Giacopelli (a cura di), Il paesaggio futuro. Letture e norme per il patrimonio dell’architettura moderna di Ivrea, Allemandi, Torino 2007, p. 91)
«Situato nel comprensorio di San Lorenzo, nel centro di Ivrea, l’edificio si sviluppa su tre piani fuori terra. L’esigenza della pianta libera sviluppa una struttura portante in cemento armato portata da grandi torri-pilastri, con interasse di nove metri, che si proiettano oltre il solaio di copertura, sostenendo le travi di bordo esibite in facciata. Fra queste è ordito il solaio in cemento armato con nervature ortogonali.
Le facciate sono in cemento a vista, con serramenti a nastro in ferro di colore rosso scuro, frangisole sulle finestre, parti di rivestimento in klinker blu». (Maria Adriana Giusti, Rosa Tamborrino, Guida all’architettura del Novecento in Piemonte (1902-2006), Allemandi, Torino 2008, p. 185)
2. Consistenza dell’opera al 2019 / Stato attuale
L’edificio, oggi in disuso, si presenta complessivamente in discreto stato di conservazione, nonostante graffiti e atti vandalici ai danni dei serramenti, i quali si presentano arrugginiti e con diverse lacune, specialmente nei vetri. Le porzioni di klinker blu dei sottodavanzali presentano inoltre dei distacchi del rivestimento. Ancora ben apprezzabile la peculiare finitura del calcestruzzo a vista, che riproduce la trama della tela di juta impiegata a rivestimento dei casseri.
(Scheda a cura di Marco Ferrari con Tanja Marzi, DAD - Politecnico di Torino)
Info
- Progetto: 1961 -
- Esecuzione: - 1963
- Tipologia Specifica: stabilimento di produzione
- Committente: Società Olivetti
- Proprietà: Proprietà privata
- Destinazione originaria: edificio per la razionalizzazione delle fasi di montaggio
Autori
- Strutture: calcestruzzo armato
- Materiale di facciata: calcestruzzo a vista, frangisole in Salvit bianco e sottodavanzali del piano terreno rivestiti in ceramica blu
- Coperture: solaio piano interrotto da trentatré lucernari Lanterplex
- Serramenti: serramenti a nastro in ferrofinestra laccato rosso vivo, con parti apribili inferiori a vasistas e fascia superiore tamponata con Allprofil
- Stato Strutture: Buono
- Stato Materiale di facciata: Discreto
- Stato Coperture: Buono
- Stato Serramenti: Mediocre
- Vincolo: Non Vincolata
- Provvedimenti di tutela: Nessuna opzione
- Data Provvedimento:
- Riferimento Normativo:
- Altri Provvedimenti:
- Foglio Catastale: -
- Particella: -
Note
-
Bibliografia
Autore | Anno | Titolo | Edizione | Luogo Edizione | Pagina | Specifica |
---|---|---|---|---|---|---|
Marini Giuseppe Luigi (a cura di) | 1966 | Catalogo Bolaffi dell’architettura moderna 1963-1966 | Bolaffi | Torino | 538 | No |
Muratore Giorgio, Capuano Alessandra, Garofalo Francesco, Pellegrini Ettore | 1988 | Guida all’architettura moderna in Italia. Gli ultimi trent’anni | Zanichelli | Bologna | 104-108 | No |
Boltri Daniele, Maggia Giovanni, Papa Enrico, Vidari Pier Paride | 1998 | Architetture olivettiane a Ivrea. I luoghi del lavoro e i servizi socio-assistenziali di fabbrica | Gangemi | Roma | 98-103 | No |
Bonifazio Patrizia, Giacopelli Enrico (a cura di) | 2007 | Il paesaggio futuro. Letture e norme per il patrimonio dell’architettura moderna di Ivrea | Allemandi | Torino | 91 | No |
Giusti Maria Adriana, Tamborrino Rosa | 2008 | Guida all’architettura del Novecento in Piemonte (1902-2006) | Allemandi | Torino | 185 | No |
Allegati
Criteri
1. L’edificio o l’opera di architettura è citata in almeno tre studi storico-sistematici sull’architettura contemporanea di livello nazionale e/o internazionale. | |
5. L’edificio o l’opera di architettura introduce e sperimenta significative innovazioni nell’uso dei materiali o nell’applicazione delle tecnologie costruttive. | |
6. L’edificio o l’opera di architettura è stata progettata da una figura di rilievo nel panorama dell’architettura nazionale e/o internazionale. |
Crediti Scheda
Enti di riferimento: DGAAP - Segretariato Regionale per il PiemonteTitolare della ricerca: Politecnico Torino Dipartimento Architettura e Design
Responsabile scientifico: Maria Adriana Giusti, Gentucca Canella (DAD)
Scheda redatta da Marco Ferrari con Tanja Marzi
creata il 31/12/2004
ultima modifica il 26/01/2023
Revisori:
Mezzino Davide 2021