ARGENTERIE DEL CANAVESE
Scheda Opera
- Comune: Loranzé
- Denominazione: ARGENTERIE DEL CANAVESE
- Indirizzo: Via Provinciale 33
- Data: - 1962
- Tipologia: Edifici per attività produttive
- Autori principali: Carlo Viligiardi
Descrizione
1. L’opera originaria
«L’architetto aveva pensato, in un primo tempo, ad un organismo articolato: è stato indotto a scartarlo in favore della soluzione compatta perché questa garantiva la massima futura disponibilità funzionale degli ambienti interni, concentrava spazi coperti e scoperti, consentendo così di conservare alberi, prati e terreno allo stato naturale, esigeva un minimo di movimenti di terra, e si prestava ad una notevole standardizzazione e semplificazione delle strutture, apprezzabile anche nell’eventualità di futuri ampliamenti.
I pilastri (passo m. 8,40) e le travi (27 m. di luce) sono in ferro, il che elimina i pilastri interni e consente una certa elasticità nel ciclo produttivo (che, in effetti, è stato messo a punto durante la costruzione stessa dell’edificio); si aggiungano i noti vantaggi di rapidità e facilità di montaggio anche nella stagione invernale. Inoltre una struttura in cemento, osserva l’architetto, avrebbe determinato una certa pesantezza anche cromatica, che il luogo (una bella zona in parte boscosa) decisamente sconsigliava.
Il medesimo schema strutturale è applicato al fabbricato uffici-servizi sociali, distaccato dal corpo principale. Sui lati est, sud ed ovest di quest’ultimo la facciata arretra rispetto al filo di gronda costituendo un percorso di servizio esterno, ma coperto; nella facciata sud sono previsti brise-soleil ruotanti. La finestratura continua offre una buona illuminazione naturale; lo spazio interno, frazionato da tagli piuttosto casuali, ricerca una propria unità mediante la limitazione dell’altezza delle pareti di divisione» (Giulio Morgan, Argenterie del Canavese, in «L’architettura. Cronache e storia», n. 89, 1966, pp. 103-108).
«Lo stabilimento, destinato alla fabbricazione di catene ornamentali e industriali e di altri prodotti di meccanica di precisione, include anche un reparto di lavorazione per conto terzi, reparto che usufruisce dei servizi generali.
L’edificio principale, composto di due corpi separati fra loro dalla zona degli ingressi, comprende, oltre ai reparti destinati alle varie lavorazioni, uffici tecnici ed amministrativi, spogliatoi, mensa e abitazione del custode.
I servizi tecnici sono posti in un fabbricato a pianta quadrata angolato in modo da consentire, con la minima distanza, la migliore illuminazione di entrambi gli edifici.
Per questo edificio complementare l’uso del grigliato perimetrale risponde all’esigenza di sottrarre alla vista esterna il prevedibile disordine degli ambienti di servizio pur assicurando una buona illuminazione generale.
Per l’edificio principale l’architetto aveva pensato, in un primo tempo, ad un organismo articolato ma è stato indotto a scartarlo a favore di una soluzione compatta perché questa garantiva la massima futura disponibilità funzionale degli ambienti interni, concentrava spazi coperti e scoperti consentendo così di conservare alberi, prati e terreni allo stato naturale, esigeva un minimo di movimenti di terra e si prestava infine ad una notevole standardizzazione e semplificazione della struttura apprezzabile anche nell’eventualità di futuri ampliamenti.
L’uso di pilastri e travi in ferro ha consentito l’eliminazione dei pilastri interni offrendo il vantaggio di una certa elasticità del ciclo produttivo che, tra l’altro, è stato messo a punto durante la costruzione stessa; questa struttura inoltre ha permesso una notevole rapidità e facilità di montaggio anche nella stagione invernale e infine, meglio si inseriva esteticamente nel luogo boscoso.
Sui lati est, sud ed ovest dell’edificio principale la facciata arretra rispetto al filo di gronda costituendo un percorso di servizio esterno ma coperto che, sulla facciata sud, è dotato di un riparo formato da frangisole orientabili.
L’illuminazione naturale è ottenuta con finestrature continue su tutte le facciate con serramenti a bilico orizzontale; due chiostrine illuminano l’una l’edificio tecnico ed i servizi igienici, l’altra, a cavallo tra l’ingresso e il vestibolo, un reparto ove si effettuano controlli cromatici. Una terza chiostrina più piccola illumina i servizi degli uffici e quelli dell’abitazione del custode.
Lo spazio interno dell’edificio, creato ampio di proposito per aderire a mutevoli esigenze di produzione e frazionato poi da tagli piuttosto casuali, ricerca una propria unità mediante la limitazione dell’altezza delle pareti divisorie.
Struttura in ferro verniciata in verde-blu – luce libera delle travi principali 27 m – interasse dei pilastri 8,40 m – pannelli sottofinestra in mattoni faccia a vista – serramenti esterni in alluminio naturale – soffitti in Acalorit a pannelli mobili – serramenti fabbricato servizi tecnici in ferro verniciato verde-blu – pavimenti in gres rosso – pavimenti esterni in gres grigio – serramenti interni in ferro verniciato grigio-scuro – pareti intonacate – grigliati in cotto rosso – anno di costruzione 1960-1961» (Giampiero Aloi, Architetture industriali contemporanee (prima serie), Hoepli Editore, Milano 1966, pp. 103-108).
«L’edificio delle Argenterie del Canavese è situato sul lato destro della Strada Provinciale che collega Ivrea a Loranzè, nei pressi del ponte sul Rio Ribes.
Sul ciglio della strada un muro di calcestruzzo a faccia vista porta, in bassorilievo, il marchio della Società, disegnato dall’architetto Ornella Garavelli, moglie del progettista Carlo Viligiardi e grafica della Olivetti.
La Società delle Argenterie del Canavese, committente del progetto, era stata creata dall’ingegner Raffaele Jona, allora Presidente dell’I-Rur ed esponente di rilievo del Movimento Comunità.
L’intervento, ancorché di natura privata, si inquadra quindi nel più vasto programma di industrializzazione della regione canavesana, perseguito e voluto da Adriano Olivetti, con l’obiettivo di contenere gli squilibri socio economici generati dalla presenza della grande industria sul territorio.
A circa due anni dalla costruzione dell’edificio, Carlo Viligiardi così riassumeva l’opera ed il progetto:
“L’incarico affidatomi riguardava la costruzione di un piccolo stabilimento per la fabbricazione di catene ornamentali e industriali, e di altri prodotti di meccanica di precisione; un reparto di lavorazioni in conto terzi, relativamente indipendente, doveva poter usufruire dei servizi generali dello stabilimento, completato da uffici amministrativi e tecnici, adeguati servizi sociali e abitazione per il custode […] si richiedevano un tempo di esecuzione breve e una spesa modesta.
Il terreno scelto per la costruzione eccedeva largamente le immediate necessità dell’industria; pianeggiante per la maggior parte, aveva una zona di più accentuato declivio, fittamente alberata con bei pioppi, […]. Le ragioni che mi portarono a scartare una soluzione articolata, vagheggiata in un primo tempo, furono queste: la soluzione compatta offriva il vantaggio della massima futura disponibilità funzionale dello spazio interno; della maggior concentrazione degli spazi coperti e scoperti e della conseguente conservazione di alberi, prato e terreno ad andamento naturale; della necessità di minimi movimenti di terra con vantaggi economici e di ambientamento; della possibilità di una notevole standardizzazione e semplificazione delle strutture, apprezzabile anche nella eventualità di futuri ampliamenti.
Optai per la soluzione in ferro (travi di 27 m di luce, passo dei pilastri 8,40 m), in primo luogo perché una struttura senza pilastri interni consentiva di disporre di tutto lo spazio per ogni futura necessità o destinazione e perché il ciclo produttivo, non esattamente definito come dato il [di] progetto, potesse essere messo a punto mentre si svolgevano i lavori di costruzione, come avvenne; poi perché era richiesta una realizzazione rapida e la struttura in ferro poté essere montata in un inverno molto rigido, durante il quale sarebbe invece stato prudente interrompere dei getti in c.a.; infine perché la natura mi indusse a evitare le pesantezze, anche cromatiche, di un edificio in cemento.
Lo stesso schema strutturale, dopo qualche esitazione, fu adottato anche per il gruppo uffici-servizi sociali-abitazione del custode, in primo luogo per consentire l’eventuale futura utilizzazione di tutto l’edificio come reparto di produzione; poi perché questo evitava ogni distinzione gerarchica fra la zona destinata alla produzione e quella destinata alla direzione, con una certa economia di costo e di mezzi ed auspicabile vantaggio, almeno psicologico, nei rapporti fra impiegati e maestranze.
Sui lati est, sud ed ovest la facciata è stata arretrata sul filo di gronda per costituire un percorso di servizio esterno ma coperto e una fascia d’ombra; i brise-soleil ruotanti, verticali previsti sulla facciata sud non sono stati ancora posti in opera. L’illuminazione naturale, ottenuta con finestratura continua su tutto il perimetro è buona, nonostante la notevole profondità e la limitata altezza del corpo di fabbrica; le finestre, a bilico orizzontale, sono piuttosto grandi e abbastanza economiche; due chiostrine illuminano l’una l’ufficio tecnico (a contatto con i reparti di produzione) ed i servizi igienici, l’altra un reparto dove si effettuano controlli cromatici; quest’ultima consente anche la reciprocità delle visuali fra l’unico atrio di ingresso ed il vestibolo, dal quale gli operai possono recarsi agli spogliatoi ed alla mensa, o uscire all’aperto, fra gli alberi, nella buona stagione; una terza chiostrina più piccola illumina i servizi degli uffici e quelli dell’abitazione del custode (…).
Un tentativo di ricostituire l’unità dello spazio interno, frazionato da tagli piuttosto casuali, è stato fatto limitando l’altezza delle pareti cieche (anche per ragioni di illuminazione e di aereazione trasversale); si è così ricuperata la sensazione della continuità della copertura, (…).
La copertura è in alusicc; la soffittatura, a pannelli spostabili, in acalorit; fra le due trova posto la maggior parte delle tubazioni industriali. L’acqua piovana è scaricata, da appositi doccioni, in pozzetti di cemento riempiti di ciottoli”.
Le nove travi reticolari metalliche, alte due metri, eseguite dalle officine Galtarossa di Padova, sono realizzate a vista al di sopra dell’estradosso di copertura, e sono trattate insieme ai profili portanti verticali ed al fascione perimetrale del tetto, con vernice a smalto di colore verde-blu.
I serramenti, in alluminio naturale, seguono il modulo di 165 cm, con specchiatura unica di notevoli dimensioni; le tre ante centrali di ogni maglia strutturale sono apribili, le due estreme fisse. Sul lato sud spiccano ora i brise-soleil previsti a progetto, realizzati in epoca di poco successiva alla relazione del progettista.
La parte vetrata dei prospetti è poggiata su pannelli sottofinestra in muratura di mattoni facciavista, che generano un deciso contrasto cromatico con il verde-blu delle strutture metalliche, legando nel contempo con il grigliato di facciata, in cotto, del fabbricato destinato ai servizi tecnici.
Di questo corpo di fabbrica satellite scrive ancora Viligiardi:
“I servizi tecnici, inizialmente previsti nel corpo principale, vennero poi distaccati in un apposito edificio adiacente sia perché, in fase di avanzata costruzione, si richiesero maggiori spazi da destinarsi alle lavorazioni, sia perché si decise di portare alcuni depositi di materiali e alcune lavorazioni al di fuori dell’edificio di produzione.
L’apposizione d’angolo del corpo dei servizi al corpo principale ha consentito di dare ad entrambi gli edifici una buona illuminazione pur mantenendoli a una distanza minima.
Per questo edificio complementare, che sarebbe stato in prevedibile ed inevitabile disordine, mi preoccupai di sottrarne allo sguardo la vista interna, pur mantenendogli una buona illuminazione; perciò adottai uno schermo di grigliato in cotto su tutto il perimetro; oggi considero piuttosto dubbio il rapporto estetico fra i due edifici”.
Il rosso del grigliato in cotto viene quindi contrapposto allo smalto verde-blu dei serramenti in ferro, lo stesso colore usato per la struttura dell’edificio principale.
Per i serramenti viene realizzata, su disegno di Viligiardi, una maniglia speciale, entrata poi nella produzione di serie della ditta Omer, fornitrice dei serramenti stessi.
Un ulteriore edificio complementare, in cemento armato, destinato a deposito di bombole, viene progettato ma non realizzato; le sue viste d’insieme sono riportate su schizzi di progetto dai quali emergono la particolare trave a “T” rovesciata, con funzione di compluvio, nella mezzeria della copertura, e le finestrature lineari per la ventilazione dei locali, alla base ed in sommità dei prospetti maggiori.
Così conclude Viligiardi nelle note della sua relazione:
“La realizzazione non ha rispettato integralmente il progetto; dopo l’entrata in funzione dello stabilimento sono poi state fatte aggiunte e apportate modifiche (…); i lampioni per l’illuminazione esterna, alcune parti della recinzione, un tettuccio in lamiera sul camino del fabbricato servizi, le tende alla veneziana degli uffici, una copertura in plastica su uno dei cavedi (…)”.
Oltre alle difformità già allora riscontrate, si è costretti oggi a rilevare una più recente giustapposizione, sulla testata ovest, dove è stato realizzato un ampliamento, con larghezza di manica inferiore all’edificio originario, coperto con semplici lastre ondulate di fibrocemento» (parte del testo è tratta dalla relazione tecnica di progetto redata dallo stesso Viligiardi; in Daniele Boltri, Giovanni Maggia, Enrico Papa, Pier Paride Vidari, Architetture olivettiane a Ivrea. I luoghi del lavoro e i servizi socio-assistenziali di fabbrica, Fondazione Adriano Olivetti, Gangemi Editore, Roma 1998, pp. 178-185).
«Il complesso, nato per ospitare la produzione di catene ornamentali, industriali e prodotti di meccanica di precisione, è composto di due corpi di fabbrica, uno per le lavorazioni, l’altro, separato dal primo da un cortile-ingresso, per gli uffici e i servizi sociali. La struttura è in ferro, con pilastri a interasse di 8,40 metri e travi di 27 metri, così da non avere pilastri all’interno e garantire la massima flessibilità nell’organizzazione dello spazio. Le travi reticolari, a vista al di sopra dell’estradosso di copertura, sono trattate con vernice a smalto di colore verde-blu, così come i profili portanti verticali. Le facciate rivolte a est, ovest e sud sono arretrate sul filo di gronda, così da creare un percorso di servizio esterno coperto. Su tutti i lati grandi vetrate continue, poggiate su pannelli in muratura di mattoni faccia a vista, garantiscono una buona illuminazione naturale. La facciata sud è schermata da brise-soleil verticali ruotanti. Adiacente all’edificio si trova il fabbricato destinato ai servizi tecnici, caratterizzato da uno schermo di grigliato in cotto su tutto il perimetro» (Maria Adriana Giusti, Rosa Tamborrino, Guida del Piemonte. Architettura del Novecento, Allemandi & C, Torino 2008, pp. 191-192).
2. Consistenza dell’opera al 2019
L’edificio ha mantenuto una funzione produttiva attiva e pertanto una continuità funzionale. I caratteri costruttivi — fra cui le connotanti grandi travi reticolari al di sopra della copertura, le partiture sottofinestra in muratura di mattoni e le ampie aperture vetrate — sono conservati. Gli elementi strutturali rivelano una generale ossidazione, ruggine e colature diffuse sono presenti sul fascione metallico perimetrale della copertura piana. Le tinteggiature verdi-blu degli elementi metallici risultano solo residuali, mentre prevale la percezione del colore grigio per la generalità di tali manufatti. L’ampliamento ovest risulta oggi sormontato da copertura a due falde, una conformazione che non dialoga con il corpo originario. Non rimane traccia del notevole edificio dei servizi tecnici, corpo isolato caratterizzato dal linguaggio del grigliato in mattoni e posto a sud-ovest dallo stabilimento.
(Scheda a cura di Monica Naretto, DAD - Politecnico di Torino)
Info
- Progetto: - 1960
- Esecuzione: - 1962
- Tipologia Specifica: Argenterie
- Committente: Società delle Argenterie del Canavese
- Proprietà: Proprietà privata
- Destinazione originaria: Stabilimento per la fabbricazione di catene ornamentali e industriali, e di altri prodotti di meccanica di precisione
- Destinazione attuale: Stabilimento industriale per la progettazione e costruzione stampi per materie plastiche, stampaggio e lavorazioni speciali.
Autori
- Strutture: Struttura in ferro, con pilastri a interasse di 8,40 m e travi di 27 m. Presenza di travi reticolari trattate con vernice a smalto di colore verde-blu
- Materiale di facciata: Grandi vetrate continue, poggiate su pannelli in muratura di mattoni faccia a vista. Presenza di brise-soleil verticali ruotanti sulla facciata sud
- Coperture: La copertura è in alusicc; la soffittatura, a pannelli spostabili, in acalorit; fra le due trova posto la maggior parte delle tubazioni industriali. L’acqua piovana è scaricata, da appositi doccioni, in pozzetti di cemento riempiti di ciottoli”. Le nove t
- Serramenti: Grandi vetrate continue poggiate su pannelli in muratura
- Stato Strutture: Buono
- Stato Materiale di facciata: Mediocre
- Stato Coperture: Mediocre
- Stato Serramenti: Mediocre
- Vincolo: Non Vincolata
- Provvedimenti di tutela: Vincolo ambientale
- Data Provvedimento:
- Riferimento Normativo:
- Altri Provvedimenti: Aree tutelate per legge ai sensi dell’art. 142 del D.Lgs n 42 del 2004 Lettera C
- Foglio Catastale: -
- Particella: -
Note
-
Bibliografia
Autore | Anno | Titolo | Edizione | Luogo Edizione | Pagina | Specifica |
---|---|---|---|---|---|---|
Morgan Giulio | 1966 | Argenterie del Canavese | L’architettura. Cronache e storia n. 89 | 732-735 | No | |
Aloi Giampiero | 1966 | Argenterie del Canavese, in Architetture industriali contemporanee. Prima serie | Hoepli Editore | 103-108 | No | |
Papa Enrico | 1988 | Guida all’architettura moderna di Ivrea, rel. Elena Tamagno, Micaela Viglino Davico, Politecnico di Torino | No | |||
Boltri Daniele, Maggia Giovanni, Papa Enrico, Vidari Pier Paride | 1998 | Architetture olivettiane a Ivrea. I luoghi del lavoro e i servizi socio-assistenziali di fabbrica, Fondazione Adriano Olivetti | Gangemi Editore | Roma | 178-187 | No |
Giusti Maria Adriana, Tamborrino Rosa | 2008 | Guida del Piemonte. Architettura del Novecento | Allemandi & C | Torino | 191-192 | No |
Allegati
Criteri
1. L’edificio o l’opera di architettura è citata in almeno tre studi storico-sistematici sull’architettura contemporanea di livello nazionale e/o internazionale. | |
5. L’edificio o l’opera di architettura introduce e sperimenta significative innovazioni nell’uso dei materiali o nell’applicazione delle tecnologie costruttive. |
Crediti Scheda
Enti di riferimento: DGAAP - Segretariato Regionale per il PiemonteTitolare della ricerca: Politecnico Torino Dipartimento Architettura e Design
Responsabile scientifico: Maria Adriana Giusti, Gentucca Canella (DAD)
Scheda redatta da Monica Naretto
creata il 31/12/2004
ultima modifica il 26/01/2023
Revisori:
Mezzino Davide 2021