GIARDINO VILLA OTTOLENGHI WEDEKIND
Scheda Opera
- Comune: Acqui Terme
- Località: Monterosso
- Denominazione: GIARDINO VILLA OTTOLENGHI WEDEKIND
- Indirizzo: Strada Monterosso N. 42
- Data: 1955 - 1962
- Tipologia: Parchi e Giardini
- Autori principali: Pietro Porcinai
Descrizione
1. Opera originaria
«Porcinai giunge a Villa Ottolenghi nel 1955, chiamato da Astolfo, trova un grande spazio libero, ancora ingombro delle macerie risultanti dalla modifica del tracciato della strada consortile di Monterosso per la costruzione del pergolato che, anch’esso voluto da Vaccaro, racchiude tutto il lato ovest del giardino e consente una serie di visuali guidate verso l’esterno.
Abbandonati da molto tempo i riferimenti geometrici del giardino all’italiana che avevano caratterizzato il suo stile all’inizio della carriera, quando arriva ad Acqui Terme Porcinai è un professionista molto affermato anche sul piano internazionale.
Nei due ambiti del giardino, quello degli Studi d’artista e quello della dimora, la genialità del paesaggista toscano raggiunge dei risultati formali di grande compiutezza, estesi anche nel paesaggio agricolo circostante che, tema a lui molto caro, sarà oggetto di inserimenti vegetali per collegarlo a ogni parte del giardino e per cercare di porre rimedio alla separazione fra il giardino alto e il parco del mausoleo in basso. In un primo disegno del 1955, con schizzi a matita su una copia eliografica del progetto generale di Vaccaro, Porcinai suddivide l’intero giardino in aree di intervento, per ognuna delle quali indica i nuovi inserimenti botanici. Si tratta certamente di una proposta ancora interamente da discutere con la committenza ma vi sono già presenti quasi tutti gli elementi che faranno di Monterosso uno dei più compiuti e raffinati giardini del paesaggista fiorentino. […] L’anno successivo un disegno planimetrico generale redatto dallo studio Porcinai rappresenta lo stato del giardino come poi sarà effettivamente realizzato. Gli spazi lastricati della montagnola sono circolari e di diametro diverso e sono indicate tutte le specie arboree e arbustive per la sua sistemazione di base. Il percorso che affianca il pergolato di glicine forma una lunga passeggiata nella cui pavimentazione a grandi lastre di pietra si colloca il pergolato di glicine forma una lunga passeggiata nella cui pavimentazione a grandi lastre di pietra si colloca una bordura mista ad andamento irregolare per tratti, scongiurando in tal modo un possibile rischio di monotonia. Gli alberi ad alto fusto sono collocati con attenzione alle visuali da mantenere verso l’esterno e in modo da non occupare all’interno la superficie prativa. Il versante orientale del giardino, nei due tratti interrotti dal Cisternone, è interamente occupato da fitte asse arbustive sempreverdi a tessiture diverse di Cotoneaster, che costituiscono un’autentica collezione botanica di questa specie. […] Anche nella parte di giardino riservato alla dimora padronale le scelte di Porcinai sono definitive e raggiungono livelli di raffinatezza compositiva davvero altissimi. Le superfici del giardino alternano riquadri erbosi e pavimentati formanti una scacchiera, ora orientata in perfetta sintonia con i quadrati del patio di Vaccaro a aventi il lato doppio di questi. Il risultato è magnifico nel segnare, seppure senza soluzione di continuità fra la superficie del giardino contenuta dalle architetture della villa e quella che si apre sul paesaggio, due ambiti a tessitura diversa. I quadrati del patio, in parte pavimentati con ciottoli bianchi e neri, e in parte mantenuti a prato, si alternano fuori da questo spazio, che Porcinai chiama “chiostro”, ad altri bordati di bosso e contenenti diverse specie di rose. Una pavimentazione rossa delimita il giardino a sud ovest formando lo spettacolare sinuoso percorso affacciato sul paesaggio, mentre dei bordi in pietra grigia definiscono gli spazi dei quadrati erbosi al centro di alcuni dei quali, senza un’apparente simmetria, sono collocati dei grandi vasi in cotto di Impruneta per ospitare gli agrumi. In tanta ricercatezza e minuziosità di ogni particolare eseguito, colpisce nel disegno – ma se ne ha conferma sul posto ancora oggi – che la parte semicircolare sud del giardino non è oggetto di trasformazione da parte di Porcinai, quasi fosse voluto dalla committenza il mantenimento dell’aspetto semplice e “domestico” di quello spazio, in aggetto sul paesaggio, tipico di una casa di campagna di quelle parti.
Nello stesso anno, su progetto di Porcinai, vengono realizzati la serra con stenditoio, il rivestimento della piscina con il ninfeo che dovrà accogliere il bronzo del “Tobiolo” e vengono completati la sistemazione della pavimentazione in cubetti di porfido a cerchi davanti all’ingresso della villa, la fontana della corte interna e gli arredi esterni progettati o ordinati di concerto con Nina, la moglie di Astolfo. Anche per il tennis e la piscina, già definiti per il loro ingombro planimetrico da Giuseppe Vaccaro, Astolfo farà ricorso a ditte e maestranze d’eccellenza. Il tennis è realizzato tra luglio e settembre 1955 dalla ditta Gino Pavanetto di Genova, utilizzando per lo strato superficiale un materiale drenante di colore verde, brevettato da una società inglese, già utilizzato anni prima dal marchese Dora nel suo castello di Montaldeo. Le reti di delimitazione e i relativi sostegni vengono realizzati con la solita raffinatezza, nell’anno successivo, dai fabbri Ferrari su indicazione tecnica dello studio di Pietro Porcinai. La piscina, costituita dal ninfeo che riprende le proporzioni del loggiato del retrostante edificio degli studi e dalla piscina natatoria, è realizzata secondo il progetto di Giuseppe Vaccaro, e Pietro Porcinai consiglia Astofo per completare l’opera nel migliore dei modi, facendo affidare la realizzazione dei rivestimenti in mosaico degli invasi alla ditta Franco Pecchioli di Firenze che ultima i lavori già nell’autunno 1956. Nell’autunno di quell’anno Porcinai, con la sua stretta collaboratrice Hilde Neunteufel, botanica austriaca, predispone il progetto esecutivo delle nuove piantumazioni del giardino da programmarsi per il 1957 e in primavera richiede a diversi vivai specializzati i relativi preventivi: sono contattate ditte italiane, svizzere e tedesche per ottenere i materiali migliori che possano garantire un risultato perfetto. Come è consuetudine del suo lavoro, la lista delle piante che Pietro Porcinai, a varie riprese, stila per il giardino di Monterosso è impressionante e dà forma e colore a una fantasmagorica tavolozza vegetale che, come emerge dalla corrispondenza diretta al suo studio di Fiesole dalla committenza, è da quest’ultima sollecitata, apprezzata e curata. Per ogni suo ambito e, in particolare, per la bordura mista fiancheggiante il pergolato e per i comparti del giardino roccioso, sono approntati elenchi di alberi, arbusti, fiori, tappezzanti, rampicanti, e sono indicate le posizioni per un corretto impianto. La sintonia con la committenza appare molto forte anche nella stesura dei lunghi elenchi di fiori e di arbusti che, per accontentare Nina che vive il giardino soprattutto d’estate, Porcinai varia in continuazione, comprendendo specie con colori forti e diversi per ogni quadrato del giardino formale, per le bordure lungo il camminamento a lato della pergola, per le scarpate di tutto il suo perimetro. Porcinai è meticoloso sia nell’indicare specie, varietà e cultivar di ogni nuovo impianto sia nell’indicare ai giardinieri la posizione esatta di ogni pianta e sia, molto praticamente con veloci disegni, nel suggerire anche da lontano persino il corretto modo di piantare le rose o altri arbusti. La sua assidua cura nel seguire ogni avanzamento del giardino di Monterosso, la sua perfetta padronanza della materia vegetale, ovvero la figura di Porcinai “botanico”, è l’elemento fondamentale che consente alle sue diverse parti di non apparire scoordinate, come avrebbe potuto avvenire nel contesto di spazi così suddivisi. […] La famiglia Ottolenghi si affida a Porcinai anche per tutte le scelte dei manufatti e degli arredi che riguardano gli spazi esterni e fa tesoro delle sue conoscenze importanti in ogni campo artistico, per l’acquisto di vasi in cotto della ditta Poggi di Impruneta, per le sedute in pietra di Vicenza disegnate e plasmate da lui e realizzate dalla ditta Morseletto e per tutti gli arredi che completano il giardino nel 1958. È di questo periodo un curioso progetto del designer milanese Bruno Munari, amico del paesaggista fiorentino, per la sua sistemazione della fontana interna alla corte che prevedeva un’alimentazione idraulica a caduta proveniente dal tetto; la soluzione proposta nell’aprile 1957 dall’artista non avrà seguito probabilmente perché Astolfo acquista, per posizionarla qui, “La Pantera ferita” di Venanzo Crocetti, che la madre Herta aveva visto e desiderato per quella fontana già molti anni prima.
Nell’agosto 1958 Astolfo ritorna a occuparsi del parco del mausoleo e chiede a Porcinai di predisporre il progetto di sistemazione di tutto il versante occidentale che prevede ora un nuovo ingresso dalla sottostante strada provinciale per Nizza, la sistemazione delle strade e dei relativi muri di contenimento e la collocazione del nuovo ingresso progettato ancora da Ernesto Rapisardi.
In questa nuova fase di lavori a Monterosso, comprendente la messa a dimora di un ingente numero di piante già nell’autunno dello stesso anno, Porcinai tende ad attenuare la dicotomia tra il parco del mausoleo e gli altri spazi destinati a giardino e anche all’integrazione di entrambi con il circostante paesaggio agricolo caratterizzato dalla vigna. L’originale sistemazione dell’ampia “aiuola rosa” di sole Lagestroemie fittamente piantate nello spazio circolare risultante dalla curva della strada per Monterosso antistante la Casa Foi, i percorsi in ciottoli bordati da siepi di bosso che scendono verso i mausoleo, la messa a dimora di pini e cedri in alcune parti del vigneto, sono tutti interventi studiati da Porcinai per far percepire come una sola unità compositiva la villa, il mausoleo e il paesaggio circostante. Egli non ha alcun pregiudizio o incertezza nella scelta delle specie da inserire nel paesaggio: come all’interno dei suoi giardini le specie esotiche si mescolano a quelle autoctone nella ricerca di armoniche mescolanze che rispettino sia le forme sia le esigenze ecologiche delle piante, così il “suo” paesaggio progettato appare rispettato anche quando i pini e i lecci – allusivi ad ambienti geograficamente neppure tanto distanti – si confrontano con i cedri e le Thuje provenienti da luoghi esotici più lontani, o quando le Lagestroemie nascono all’interno del vigneto e gli allineamenti di bosso al loro interno ne sottolineano le suddivisioni. Con un metodo progettuale saldamente basato sulla conoscenza della botanica e dell’ecologia, oltre che sulla grande capacità di lettura del paesaggio in cui opera, Porcinai attua i suoi inserimenti botanici nel paesaggio agricolo di Monterosso, dando forma a una compagine vegetale di grande struttura che, all’inizio degli anni sessanta, costituisce una caratteristica identificativa delle pendici di Monterosso. Un rilievo della tenuta del 1962 documenta molto bene, nei segni diversi per tipo di albero, tutti gli inserimenti arborei sulle pendici del colle, quelli della salita dalla strada per Asti e quelli nella pendice sottostante la grande cisterna, luogo questo dove il lavoro di Porcinai appare nettamente voler completare quanto già piantano anni prima da Arturo.
Il lavoro di Porcinai a Monterosso può considerarsi concluso nel 1960 quando, con la separazione dei due giovani Ottolenghi, il lungo svolgersi delle vicende costruttive della loro dimora e dei loro giardini subisce un definitivo arresto. Ancora nel 1963 Astolfo gli chiederà di far progettare due laghetti nel prato del mausoleo, avendo l’intenzione di realizzare un piccolo campo da golf a nove buche e un impianto di irrigazione, ma anche questi progetti non saranno realizzati. Nel febbraio 1962 insieme a Hilde Neunteufel svolgerà un sopralluogo in tutta la tenuta di Monterosso per decidere le nuove piantumazioni che Astolfo avrebbe voluto mettere a dimora per migliorare l’aspetto paesaggistico delle diverse cascine e delle relative pertinenze. Lavorerà ancora per Astolfo Ottolenghi sino al 1970 ma non sarà più impegnato in nuovi progetti bensì come guida per il mantenimento dell’apparato botanico, per le fioriture stagionali, per consigliare ai giardinieri le migliori tecniche di potatura e di manutenzione». (Renata Lodari, Il parco e il giardino di Villa Ottolenghi-Wedekind, in Federico Fontana, Luca Giacomini, Renata Lodari, Villa Ottolenghi Wedekind. Una residenza del Novecento ad Acqui Terme, Allemandi, Torino 2015, pp. 129-158)
«Nei pressi di Acqui Terme, sulla collina di Monterosso, è l’estesa proprietà agricola che la famiglia Ottolenghi in circa 40 anni (dal 1923) trasformò in luogo d’arte e di bellezza. L’articolato inserto paesaggistico si realizza nel segno dell’arte come ragione di vita degli stessi proprietari, l’imprenditore Arturo B. Ottolenghi e la scultrice tedesca Herta Wedekind zu Horst. I primi progetti affidati all’architetto Federico D’Amato e al pittore Ferruccio Ferrazzi sono rielaborati nel 1930 da Marcello Piacentini che si avvale dello stesso Ferrazzi per la parte artistica e della collaborazione di giovani architetti quali Ernesto Rapisardi, Ernesto Bruno Lapadula e Giuseppe Vaccaro; quest’ultimo si dimostra il più attivo rilevando dal 1938 il coordinamento dell’iniziativa alla quale partecipano in vario modo artisti come Adolfo Wildt, Libero Andreotti, Arturo Martini, Fiore Martelli e Venanzo Crocetti. L’ampio progetto si deve purtroppo interrompere con la guerra e sarà Astolfo C. Ottolenghi a riprenderlo richiamando all’opera Giuseppe Vaccaro che nel 1953 rielabora un disegno complessivo dando unitarietà alle tante idee scaturite dalla fertile e ambiziosa ricerca dei genitori scomparsi. Vaccaro, con Guido Cavani, amplia e sistema la villa, completa gli “studi degli artisti”, interrotti nel 1939, realizza la grande cisterna, il pergolato e il lungo muro di cinta in pietra che delimita le pertinenze della residenza.
A Pietro Porcinai si deve il giardino (1955-1962) che riduce con maestria i vari ambienti che si presentavano frammentati: dal giardino vecchio, al pergolato, al giardino roccioso, al grande prato che ingloba il tennis e la piscina dove, finalmente, trova giusta collocazione il bronzo del Tobiolo che Arturo Martini aveva scolpito nel 1931. In grande sintonia con Astolfo, Porcinai cura direttamente ogni dettaglio e ogni realizzazione divenendo il nuovo coordinatore dei lavori che si completano con l’apporto di altri artisti quali Amerigo Tot, Rosario Murabito e dei fabbri Ferrari. Anche Ernesto Rapisardi si occuperà, tra il 1953 e il 1959, del mausoleo senza riuscire nell’intento di completare l’originario progetto piacentiniano che prevedeva un collegamento con la sovrastante villa. L’opera di Porcinai proseguirà invece per alcuni anni con la cura del giardino e la sistemazione paesaggistica della proprietà agricola che, ancora oggi, è leggibile nello svettare di conifere che segnano il paesaggio. Oggi il giardino, che ha purtroppo perso molta parte della ricca componente botanica originaria, è conosciuto soprattutto per il giardino formale». (Federico Fontana, Villa Ottolenghi Wedekind, in Vincenzo Cazzato (a cura di), L’Italia dei giardini. Viaggio attraverso la bellezza tra natura e artificio, Touring Editore, Milano 2016, p. 28)
Elementi di arredo
Sedute originali in pietra di Vicenza disegnate e plasmate da Pietro Porcinai e realizzate dalla ditta Morseletto.
2. Consistenza dell’opera al 2019 / Stato attuale
Il giardino, comprensivo di architetture, arredi e sculture in esso contenute, si presenta complessivamente in buono stato di cura e conservazione. Si riscontrano alcune lacune alle siepi di Buxus sempervirens per danno da Cydalima perspectalis e Cylindrocladium buxicola. Il parterre del giardino formale presenta alcuni avvallamenti che riguardano tanto il manto erboso quanto la maglia in pietra della ripartizione a scacchiera. Nel grande prato, la netta e sinuosa sagomatura del terreno voluta da Porcinai per ottenere due livelli diversi è in parte addolcita dal tempo e pertanto meno evidente. La ricchezza della varietà di specie e cultivar impiegate da Porcinai è diffusamente alterata e impoverita da inserimenti monospecifici, specialmente nell’impiego di tappezzanti, senza tuttavia nuocere irrimediabilmente alla composizione complessiva della pregevole opera dell’architetto toscano.
(Scheda a cura di Marco Ferrari, DAD - Politecnico di Torino)
1. Original Work
Near Acqui Terme, on the Monterosso hill, is situated the property of the entrepreneur Arturo B. Ottolenghi and the german sculptor Herta Wedekind zu Horst. The first projects were entrusted to the architect Federico D'Amato and to the painter Ferruccio Ferrazzi. In 1930 their project was revised by Marcello Piacentini who collaborated with Ferrazzi himself as well as with young architects such as Ernesto Rapisardi, Ernesto Bruno Lapadula and Giuseppe Vaccaro.
The works for the Villa Ottolenghi Wedekin was interrupted during the Second World War and started again in 1953 by Giuseppe Vaccaro.
«Vaccaro, togheter with Guido Cavani, enlarge an provide for the villa by completing the “artists’ studios", interrupted in 1939, building the large cistern, the pergola and the long stone wall that delimits the villa appurtenances» (Federico Fontana, 2016).
«Porcinai arrived at Villa Ottolenghi in 1955, called by Astolfo, and found a large free space, still cluttered with the rubble resulting from the change of the Monterosso consortium road route, for the construction of the pergola, also this desired by Vaccaro, that bounds the whole west side of the garden and offers a series of guided views towards the outside» (Renata Lodari, 2015).
«Pietro Porcinai is responsible for the garden (1955-1962) where he skilfully synthesizes the various fragmented areas: from the old garden, to the pergola, the rock garden and the wide lawn, that includes the tennis court and the swimming pool, where the Tobiolo bronze, sculpted in 1931 by Arturo Martini, finds his place» (Federico Fontana, 2016, p. 28),
«On the garden alternate grassy and paved squares forming a chessboard, now oriented in perfect harmony with the squares of the Vaccaro’s patio having the double-side of these. […]
The squares of the patio, partly paved with white and black pebbles, and partly kept on lawn, alternate outside this space, which Porcinai calls the "cloister", with others squares bordered with boxwood and containing different species of roses. A red paving bounds the south-west garden forming the spectacular winding path overlooking the landscape, while the gray stone borders define the spaces of the grassy squares in the center of some of which, without an apparent symmetry, big terracotta pots, made in Impruneta, that contain citrus fruits are placed».
In the mound area there are circular paved spaces, with different diameters, as well as various tree and shrub species.
«The path which runs alongside the wisteria arbor forms a long promenade in which paving, in large stone slabs, is placed a mixed border with an irregular pattern by sections […] The tall trees are placed taking care to maintain the views towards the external landscape and to not occupy the grassland inside also. The eastern side of the garden, in the two sections interrupted by the Cisternone, is entirely occupied by dense evergreen shrub axes with different Cotoneaster textures.
[…] Porcinai did not transform the semi-circular south part of the garden, as if the client wanted to maintain the simple and "domestic" aspect of that space, projecting over the landscape, typical of a country house there.
The Ottolenghi family also relies on Porcinai for the outdoor furnishings that complete the garden in 1958. In August 1958 Astolfo asked Porcinai to prepare the project for the western side.
«In this new stage of works in Monterosso, that includes the planting of a large number of plants in the autumn of the same year, Porcinai tends to mitigate the dichotomy between the mausoleum park and the other garden spaces the and also to integrate both with the surrounding agricultural landscape characterized by vineyards» (Renata Lodari, 2015).
Porcinai's work in Monterosso can be considered completed in 1960.
2. Current state in 2019
The garden, including architectures, furnishings and sculptures contained in it, is overall in a good state of care and conservation. The richness of species and cultivars used by Porcinai instead is widely altered and depleted by monospecific additions, especially through the use of ground cover. However, this doesn’t irreparably damage the overall composition of the Tuscan architect's work.
(English version by Alessia Federica Gigliotti, DAD-Politecnico di Torino)
Info
- Progetto: 1955 -
- Esecuzione: - 1962
- Tipologia Specifica: Giardino
- Committente: Astolfo Carlo Ottolenghi
- Proprietà: Proprietà privata
- Destinazione originaria: Giardino
- Destinazione attuale: Giardino
Autori
Nome | Cognome | Ruolo | Fase Progetto | Archivio Architetti | Url Profilo | Autore Principale |
---|---|---|---|---|---|---|
Pietro | Porcinai | Progetto architettonico | Progetto | Visualizza Profilo | https://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/siusa/pagina.pl?TipoPag=prodpersona&Chiave=52169 | SI |
- Vincolo: Vincolata
- Provvedimenti di tutela: Dichiarazione di notevole interesse
- Data Provvedimento: DDR 12/03/2014, n. 65
- Riferimento Normativo: D. Lgs 42/2004 art. 10
- Altri Provvedimenti:
- Foglio Catastale: 16, 1
- Particella: 326,
Codice ICCd | Ubicazione | Tipologia | Soggetto | Autore | Materia Tecnica | Stato di Conservazione | Restauri |
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Cisternone/peschiera | Scultura | Tritone | Herta Wedekind | Bronzo | Mediocre | non noti | |
Vasca delle ninfee | Scultura | Tubiolo | Arturo Martini | Bronzo | Mediocre | non noti | |
Corte degli studi d’artista | Scultura | Bagnante | Herta Wedekind | Marmo | Mediocre | non noti |
Note
Si ringraziano l'attuale proprietà e gestione di Villa Ottolenghi Wedekind per la preziosa disponibilità e l'Archivio Pietro Porcinai di Fiesole per la gentile concessione delle riproduzioni fotografiche.
Bibliografia
Autore | Anno | Titolo | Edizione | Luogo Edizione | Pagina | Specifica |
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Fontana Federico , GiacominiLuca , Lodari Renata | 2015 | Villa Ottolenghi Wedekind. Una residenza del Novecento ad Acqui Terme | Allemandi | Torino | Si | |
Cazzato Vincenzo (a cura di) | 2016 | L’Italia dei giardini. Viaggio attraverso la bellezza tra natura e artificio | Touring Editore | Milano | 28 | No |
Lodari Renata (a cura di) | 2017 | Atlante dei giardini del Piemonte | Libreria Geografica | Novara | 174 | No |
Allegati
Criteri
1. L’edificio o l’opera di architettura è citata in almeno tre studi storico-sistematici sull’architettura contemporanea di livello nazionale e/o internazionale. | |
4. L’edificio o l’opera di architettura riveste un ruolo significativo nell’ambito dell’evoluzione del tipo edilizio di pertinenza, ne offre un’interpretazione progressiva o sperimenta innovazioni di carattere distributivo e funzionale. | |
5. L’edificio o l’opera di architettura introduce e sperimenta significative innovazioni nell’uso dei materiali o nell’applicazione delle tecnologie costruttive. | |
6. L’edificio o l’opera di architettura è stata progettata da una figura di rilievo nel panorama dell’architettura nazionale e/o internazionale. | |
7. L’edificio o l’opera di architettura si segnala per il particolare valore qualitativo all’interno del contesto urbano in cui è realizzata. |
Sitografia ed altri contenuti online
Titolo | Url |
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Fondo Pietro Porcinai | Visualizza |
Dizionario biografico degli Italiani - Pietro Porcinai | Visualizza |
Enciclopedia Treccani - Pietro Porcinai | Visualizza |
Crediti Scheda
Enti di riferimento: DGAAP - Segretariato Regionale per il PiemonteTitolare della ricerca: Politecnico Torino - Dipartimento di Architettura e Design (DAD)
Responsabile scientifico: Maria Adriana Giusti, Gentucca Canella (DAD)
Scheda redatta da Marco Ferrari
creata il 31/12/2004
ultima modifica il 10/05/2024
Revisori:
Mezzino Davide 2021