Censimento delle architetture italiane dal 1945 ad oggi

QUARTIERE IACP/INA-CASA/UNRRA-CASAS/INCIS BARCA

Scheda Opera

  • Vista degli edifici a nove piani su via Giotto, zona Nord
  • Vista Nord-Est del
  • Prospetto posteriore di un edificio tipo del complesso in zona Sud
  • Vista, dal
  • Particolare del prospetto convesso del
  • Vista Sud del prospetto concavo del
  • Vista degli edifici su via Buozzi, zona Nord
  • Vista degli edifici INCIS su via Buozzi, zona Nord
  • Vista degli edifici UNRRA-CASAS su via Tolstoi, zona Nord
  • Vista prospettica dell’edificio a nastro detto
  • Comune: Bologna
  • Denominazione: QUARTIERE IACP/INA-CASA/UNRRA-CASAS/INCIS BARCA
  • Indirizzo: Via Grandi, Via Giovanni XXIII, Via Buozzi, Via della Barca
  • Data: 1957 - 1962
  • Tipologia: Edilizia residenziale pubblica
  • Autori principali: Giuseppe Vaccaro
Descrizione

Il Quartiere Barca rappresenta, tra le realizzazioni bolognesi del dopoguerra, probabilmente l’esempio più noto tra quelli di edilizia residenziale pubblica.
L’intervento nasce in una zona di espansione nei pressi di un’ansa del fiume Reno. La presenza di una vasta zona destinata a verde pubblico attrezzato favorisce la scelta di privilegiare, all’interno del quartiere, il verde privato o di vicinato.
La residenza viene concentrata all’interno di questi “confini”, sviluppandosi a lato di un asse principale che segna il limite fisico dell’espansione della città; dall’altro lato trovano collocazione i servizi di quartiere: la chiesa, il centro civico, il centro ricreativo, ad oggi ancora non realizzati.
L’intero intervento urbanistico è coordinato da G. Vaccaro e prevede la suddivsione dell’area in tre zone affidate a diversi progettisti.
Su quella a sud interviene lo stesso Vaccaro coadiuvato da A. Vitellozzi, che impostano l’impianto insediativo sulla ripetizione di un modulo con pianta ad “H”, che costituisce l’unità abitativa-base di quattro alloggi per piano serviti da un solo vano scala, estensibili fino a un numero di sei appartamenti.
L’applicazione dello stesso modulo permette di realizzare differenti aggregazioni che connotano ciascun settore. La spina dorsale centrale dell’intero insediamento è costituita dal cosiddetto “treno”, un lungo edificio leggermente curvato composto da una sequenza lineare del modulo. Al livello del terreno la struttura è arretrata rispetto al piano di facciata, controbilanciata dalla copertura fortemente sporgente. Lo spazio lasciato libero dalla base al piano terra è occupato dal portico, che ospita negozi e l’ingresso ai corpi scala, racchiuso da una parete vetrata.
Il telaio in calcestruzzo armato affiora nel prospetto laterale, sul tamponamento finito ad intonaco, analogamente alla soluzione utilizzata da A. Libera per il quartiere Tuscolano III a Roma.
Il fronte principale è scandito dal susseguirsi delle aperture con persiana scorrevole, di cui Vaccaro occulta il telaio trasformandola in un pannello che risulta quasi sospeso, soluzione che l’architetto utilizza in altre realizzazioni.
Nella zona sud lo schema tipologico segue una diversa composizione basata sull’accostamento delle teste sfalsate del modulo, specchiato lungo l’asse verticale, e organizzata intorno ad uno spazio verde centrale messo a sistema con le corti adiacenti, conferendo unità ai piani terra delle residenze sollevati su pilotis.
Nella zona nord, poi, gli edifici a tre piani si aggregano a corte aperta, con alloggi plurifamiliari a tre piani molto articolati.
La diversa aggregazione dello stesso modulo in diverse soluzioni planimetriche secondo un dialogo unitario, rappresenta l’applicazione degli studi condotti da Vaccaro e da Libera sulla ripetibilità delle cellule edilizie, sulle variazioni tipologiche dei moduli e sulla massima unificazione dei dettagli costruttivi.
Da questo punto di vista la prima volontà è quella di lasciare a vista il paramento murario composto da una muratura a cassetta a ricorsi di mattoni UNI alternati a doppi UNI. In secondo luogo si sceglie per tutti gli interventi, di lasciare a vista la struttura portante in calcestruzzo armato. La ripetizione degli infissi metallici (progettati per quest’intervento specifico) costituisce poi un ulteriore esempio del processo di unificazione e standardizzazione degli elementi costruttivi.
Il complesso è completato da una serie di edifici alti a nove piani, anch’essi progettati da Vaccaro, localizzati in prossimità della zona dei servizi di quartiere, sull’asse principale di penetrazione al quartiere. Il rapporto di queste tre struttura e rivestimento in laterizio, rimandano a tessiture già sperimentate da Vaccaro nella scuola media Zanotti.
Le attrezzature collettive realizzate sono la chiesa e la scuola elementare.
La chiesa di Santo Stefano è un corpo stereometrico il cui volume è originato dall’utilizzo di forme pure, accentuate dalla scelta del rivestimento a intonaco bianco, su cui le poche aperture sono scelte in funzione dell’effetto di illuminazione interno. La scuola elementare è, invece, costituita da un blocco compatto con paramento murario in laterizio faccia a vista.
(Matteo Sintini, Margherita Merendino)

Info
  • Progetto: 1957 - 1962
  • Esecuzione: 1957 - 1962
  • Committente: C.E.P. (INA Casa - Istituto Case Popolari)
  • Proprietà: Proprietà pubblico-privata
  • Destinazione originaria: residenziale e commerciale
  • Destinazione attuale: residenziale e commerciale
Autori
Nome Cognome Ruolo Fase Progetto Archivio Architetti Url Profilo Autore Principale
Umberto Chiarini Progetto architettonico Progetto NO
L. De Filla Progetto architettonico Progetto NO
Alberto Legnani Progetto architettonico Progetto NO
Alfredo Leorati Progetto architettonico Progetto NO
Mario Paniconi Progetto architettonico Progetto Visualizza Profilo https://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/siusa/pagina.pl?TipoPag=prodpersona&Chiave=32776 NO
Francesco Santini Progetto architettonico Progetto NO
Giuseppe Vaccaro Progetto urbano Progetto Visualizza Profilo https://bbcc.regione.emilia-romagna.it/pater/loadcard.do?id_card=256940&force=1 SI
Annibale Vitellozzi Progetto architettonico Progetto Visualizza Profilo https://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/siusa/pagina.pl?TipoPag=prodpersona&Chiave=101474 NO
  • Strutture: struttura intelaiata in calcestruzzo armato
  • Materiale di facciata: mattoni
  • Coperture: latero-cemento
  • Serramenti: legno e vetro, lamiera zincata e vetro (zona Sud ed edifici a nove Piani)
  • Stato Strutture: Buono
  • Stato Materiale di facciata: Buono
  • Stato Coperture: Buono
  • Stato Serramenti: Buono

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L’intervento nasce in una zona di espansione nei pressi di un’ansa del fiume Reno. La presenza di una vasta zona destinata a verde pubblico attrezzato favorisce la scelta di privilegiare, all’interno del quartiere, il verde privato o di vicinato.
La residenza viene concentrata all’interno di questi “confini”, sviluppandosi a lato di un asse principale che segna il limite fisico dell’espansione della città; dall’altro lato trovano collocazione i servizi di quartiere: la chiesa, il centro civico, il centro ricreativo, ad oggi ancora non realizzati.
L’intero intervento urbanistico è coordinato da G. Vaccaro e prevede la suddivsione dell’area in tre zone affidate a diversi progettisti. 
Su quella a sud interviene lo stesso Vaccaro coadiuvato da A. Vitellozzi, che impostano l’impianto insediativo sulla ripetizione di un modulo con pianta ad “H”, che costituisce l’unità abitativa-base di quattro alloggi per piano serviti da un solo vano scala, estensibili fino a un numero di sei appartamenti. 
L’applicazione dello stesso modulo permette di realizzare differenti aggregazioni che connotano ciascun settore. La spina dorsale centrale dell’intero insediamento è costituita dal cosiddetto “treno”, un lungo edificio leggermente curvato composto da una sequenza lineare del modulo. Al livello del terreno la struttura è arretrata rispetto al piano di facciata, controbilanciata dalla copertura fortemente sporgente. Lo spazio lasciato libero dalla base al piano terra è occupato dal portico, che ospita negozi e l’ingresso ai corpi scala, racchiuso da una parete vetrata.
Il telaio in calcestruzzo armato affiora nel prospetto laterale, sul tamponamento finito ad intonaco, analogamente alla soluzione utilizzata da A. Libera per il quartiere Tuscolano III a Roma.
Il fronte principale è scandito dal susseguirsi delle aperture con persiana scorrevole, di cui Vaccaro occulta il telaio trasformandola in un pannello che risulta quasi sospeso, soluzione che l’architetto utilizza in altre realizzazioni.
Nella zona sud lo schema tipologico segue una diversa composizione basata sull’accostamento delle teste sfalsate del modulo, specchiato lungo l’asse verticale, e organizzata intorno ad uno spazio verde centrale messo a sistema con le corti adiacenti, conferendo unità ai piani terra delle residenze sollevati su pilotis. 
Nella zona nord, poi, gli edifici a tre piani si aggregano a corte aperta, con alloggi plurifamiliari a tre piani molto articolati. 
La diversa aggregazione dello stesso modulo in diverse soluzioni planimetriche secondo un dialogo unitario, rappresenta l’applicazione  degli studi condotti da Vaccaro e da Libera sulla ripetibilità delle cellule edilizie, sulle variazioni tipologiche dei moduli e sulla massima unificazione dei dettagli costruttivi. 
Da questo punto di vista la prima volontà è quella di lasciare a vista il paramento murario composto da una muratura a cassetta a ricorsi di mattoni UNI alternati a doppi UNI. In secondo luogo si sceglie per tutti gli interventi, di lasciare a vista la struttura portante in calcestruzzo armato. La ripetizione degli infissi metallici (progettati per quest’intervento specifico) costituisce poi un ulteriore esempio del processo di unificazione e standardizzazione degli elementi costruttivi.
Il complesso è completato da una serie di edifici alti a nove piani, anch’essi progettati da Vaccaro, localizzati in prossimità della zona dei servizi di quartiere, sull’asse principale di penetrazione al quartiere. Il rapporto di queste tre struttura e rivestimento in laterizio, rimandano a tessiture già sperimentate da Vaccaro nella scuola media Zanotti. 
Le attrezzature collettive realizzate sono la chiesa e la scuola elementare.
La chiesa di Santo Stefano è un corpo stereometrico il cui volume è originato dall’utilizzo di forme pure, accentuate dalla scelta del rivestimento a intonaco bianco, su cui le poche aperture sono scelte in funzione dell’effetto di illuminazione interno. La scuola elementare è, invece, costituita da un blocco compatto con paramento murario in laterizio faccia a vista.
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Nasce a Bologna, città presso cui nel 1920 si laurea in Ingegneria civile e dove si forma sotto la guida di Attilio Muggia per poi divenire suo assistente nel 1921. Nel 1922 si trasferisce a Roma dove lavora presso lo studio di Marcello Piacentini e viene a contatto con Enrico Del Debbio. Nel 1934 ottiene la libera docenza in Architettura Tecnica. Fino alla fine della guerra, le sue architetture sono caratterizzate dall’impiego di un linguaggio razionalista, da una parte attento alle ricerche funzionaliste, dall’altro adatto alla cifra monumentale richiesta dal regime. Numerosi sono in questi anni gli incarichi pubblici, che gli permettono di emergere nel panorama nazionale. Tra questi il Palazzo delle Poste di Napoli (1929) e i progetti per i concorsi per il palazzo della Società delle Nazioni a Ginevra (1927 con Carlo Broggi e Luigi Franzi), e del palazzo delle Corporazioni a Roma (1927, con Piacentini). A Bologna e in Emilia realizza: i progetti per la Cooperativa mutilati e invalidi di guerra e la sede dell’Associazione mutilati, oltre agli interventi nel campo della residenza tra cui si citano in particolare i complessi in via Tanari, in via Vascelli e in piazza di Porta Sant’Isaia. Le opere principali del periodo, e di tutta la sua produzione rimangono, la sede della facoltà di Ingegneria di Bologna (1935) e la Colonia Agip a Cesenatico (1937), tra gli esempi migliori  dell’interpretazione “autonoma” del linguaggio razionale, in cui si riconosce una predilezione per la chiarezza volumetrica e distributiva e l’idea che l’impiego sapiente dei materiali sia la cifra della qualità architettonica di un edificio. Fra il 1944 e il 1950 opera nuovamente a Bologna, prima nello studio di Bruno Parolini e poi in uno studio proprio; nel 1951 si trasferisce definitivamente a Roma. In questo secondo periodo della sua produzione architettonica, Vaccaro abbandona le forme solenni dei suoi progetti degli anni Trenta per dedicarsi ai temi della ricostruzione post-bellica, in particolare dedicandosi allo studio dell’architettura funzionale, in cerca della soluzione al problema della "casa esatta", a cui dedica un volume ("Verso la casa esatta", Milano 1945) che raccoglie il lavoro sulla residenza condotto con Gio Ponti e Adalberto Libera, autore che collaborerà a lungo con Vaccaro. Partecipa, in questo contesto alla redazione, in Emilia-Romagna, di diversi piani urbanistici dei comuni del ravennate e del ferrarese e alla realizzazione dei quartieri Ina a Piacenza e a Bologna, dove coordina il progetto per il quartiere Barca e Borgo Panigale. Importanti sono i lavori nell’ambito dell’architettura religiosa, tra cui spicca la chiesa del Sacro Cuore Immacolato di Maria (1965) in collaborazione con Libera, Sergio Musmeci, Pier Luigi Nervi. La chiesa di San Giovanni Bosco a Bologna (1968) è uno dei suoi ultimi interventi. È stato membro dell’INU, dell’Accademia clementina, dell’Accademia fiorentina delle arti e del disegno e dell’Accademia di Parma.

Annibale Vitellozzi (Anghiari, 1902 – Roma, 1990)
Laureatosi in architettura a Roma nel 1927, realizza alcune delle sue opere più note in preparazione dei Giochi della XVII Olimpiade che si svolgono nella Capitale nel 1960: lo Stadio del Nuoto, in collaborazione con Enrico Del Debbio e gli ingegneri Sergio Musmeci e Riccardo Morandi, e il Palazzetto dello Sport con l'ingegner Pier Luigi Nervi. Progetto importante è anche la facciata della Stazione di Roma Termini, esempio di razionalismo italiano.
Dal 1961 al 1974, in rappresentanza dell'Accademia nazionale di San Luca e poi dell'Istituto Nazionale di Urbanistica, fa parte della Commissione Edilizia del Comune di Roma. 

Francesco Santini (Bologna, 1904-1976) 
Si diploma nel 1926 all’Accademia di Belle Arti e inizia la sua attività collaborando con architetti bolognesi già affermati. Si trasferisce a Roma dove si laurea in Architettura nel 1937. 
Diviene allievo e collaboratore di Marcello Piacentini. La sua carriera è caratterizzata dalla grande attività svolta all’interno dello IACP. La sua esperienza nell’Istituto ha inizio con il riadattamento del progetto di Albini Camus e Palanti per la realizzazione di "fabbricati ed alloggi destinati a famiglie numerose" (le Popolarissime). Santini ripropone lo schema delle Siedlung, che si rivela soluzione adatta al complesso da realizzare. Questo successo gli fa aggiudicare l’incarico per la progettazione del Villaggio della Rivoluzione alla pineta Zangheri, importante per lo sviluppo della sua carriera a Bologna. Santini diviene il principale protagonista bolognese dell’ultima stagione del razionalismo. Lavora anche per la Piancastelli, progetta la villa di Minganti, oggi distrutta. Progetta i nuovi impianti per la ditta Ansaloni negli anni ’50. Collabora al progetto per il Palazzo “Faccetta Nera” in via Marconi.
Tra il 1955 e il 1958 diviene presidente dell’Ordine degli architetti, poi anche membro dell’Accademia Clementina. Vince numerosi concorsi nazionali ed internazionali grazie alle sue competenze e alla sua pratica del mestiere ed espone i suoi lavori architettonici in mostre sia in Italia che all’estero. I suoi ultimi lavori sono la sede centrale del Credito Romagnolo, il cinema Metropolitan, il negozio di pellicce di Cohen. L’architetto pone grande attenzione nell’impiego dei colori, scegliendo con cura i cromatismi che caratterizzano le sue architetture.

Mario Paniconi (Roma, 1904-1973)
La sua carriera scorre florida accanto al socio e amico Pediconi, con cui otterrà numerosi riconoscimenti. Dagli anni Trenta ai Sessanta è in cerca di un linguaggio architettonico che superi le ideologie con sapienza costruttiva, uso dei materiali e continuità storica. Dagli anni Sessanta la sua ricerca si sposta sulla volontà di scavare sulle tipologie edilizie. A questo proposto sono importanti le sue esperienze come progettista per alcuni incarichi dell’INA Casa e come progettista di architettura sacra per i nuovi quartieri di espansione. L’ultimo grande progetto, portato a termine dal solo Pediconi, è il Ministero delle Poste all’EUR. Muore in fase di realizzazione di quest’ultimo. Paniconi fu presidente dell’Ordine degli architetti di Roma nel biennio 1948-49 e fu insignito del titolo di accademico di S. Luca nel 1963.




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  • Provvedimenti di tutela: Nessuna opzione
  • Data Provvedimento:
  • Riferimento Normativo:
  • Altri Provvedimenti:
  • Foglio Catastale: -
  • Particella: -

Note

Giuseppe Vaccaro (Bologna 1896 – Roma 1970) Nasce a Bologna, città presso cui nel 1920 si laurea in Ingegneria civile e dove si forma sotto la guida di Attilio Muggia per poi divenire suo assistente nel 1921. Nel 1922 si trasferisce a Roma dove lavora presso lo studio di Marcello Piacentini e viene a contatto con Enrico Del Debbio. Nel 1934 ottiene la libera docenza in Architettura Tecnica. Fino alla fine della guerra, le sue architetture sono caratterizzate dall’impiego di un linguaggio razionalista, da una parte attento alle ricerche funzionaliste, dall’altro adatto alla cifra monumentale richiesta dal regime. Numerosi sono in questi anni gli incarichi pubblici, che gli permettono di emergere nel panorama nazionale. Tra questi il Palazzo delle Poste di Napoli (1929) e i progetti per i concorsi per il palazzo della Società delle Nazioni a Ginevra (1927 con Carlo Broggi e Luigi Franzi), e del palazzo delle Corporazioni a Roma (1927, con Piacentini). A Bologna e in Emilia realizza: i progetti per la Cooperativa mutilati e invalidi di guerra e la sede dell’Associazione mutilati, oltre agli interventi nel campo della residenza tra cui si citano in particolare i complessi in via Tanari, in via Vascelli e in piazza di Porta Sant’Isaia. Le opere principali del periodo, e di tutta la sua produzione rimangono, la sede della facoltà di Ingegneria di Bologna (1935) e la Colonia Agip a Cesenatico (1937), tra gli esempi migliori dell’interpretazione “autonoma” del linguaggio razionale, in cui si riconosce una predilezione per la chiarezza volumetrica e distributiva e l’idea che l’impiego sapiente dei materiali sia la cifra della qualità architettonica di un edificio. Fra il 1944 e il 1950 opera nuovamente a Bologna, prima nello studio di Bruno Parolini e poi in uno studio proprio; nel 1951 si trasferisce definitivamente a Roma. In questo secondo periodo della sua produzione architettonica, Vaccaro abbandona le forme solenni dei suoi progetti degli anni Trenta per dedicarsi ai temi della ricostruzione post-bellica, in particolare dedicandosi allo studio dell’architettura funzionale, in cerca della soluzione al problema della "casa esatta", a cui dedica un volume ("Verso la casa esatta", Milano 1945) che raccoglie il lavoro sulla residenza condotto con Gio Ponti e Adalberto Libera, autore che collaborerà a lungo con Vaccaro. Partecipa, in questo contesto alla redazione, in Emilia-Romagna, di diversi piani urbanistici dei comuni del ravennate e del ferrarese e alla realizzazione dei quartieri Ina a Piacenza e a Bologna, dove coordina il progetto per il quartiere Barca e Borgo Panigale. Importanti sono i lavori nell’ambito dell’architettura religiosa, tra cui spicca la chiesa del Sacro Cuore Immacolato di Maria (1965) in collaborazione con Libera, Sergio Musmeci, Pier Luigi Nervi. La chiesa di San Giovanni Bosco a Bologna (1968) è uno dei suoi ultimi interventi. È stato membro dell’INU, dell’Accademia clementina, dell’Accademia fiorentina delle arti e del disegno e dell’Accademia di Parma. Annibale Vitellozzi (Anghiari, 1902 – Roma, 1990) Laureatosi in architettura a Roma nel 1927, realizza alcune delle sue opere più note in preparazione dei Giochi della XVII Olimpiade che si svolgono nella Capitale nel 1960: lo Stadio del Nuoto, in collaborazione con Enrico Del Debbio e gli ingegneri Sergio Musmeci e Riccardo Morandi, e il Palazzetto dello Sport con l'ingegner Pier Luigi Nervi. Progetto importante è anche la facciata della Stazione di Roma Termini, esempio di razionalismo italiano. Dal 1961 al 1974, in rappresentanza dell'Accademia nazionale di San Luca e poi dell'Istituto Nazionale di Urbanistica, fa parte della Commissione Edilizia del Comune di Roma. Francesco Santini (Bologna, 1904-1976) Si diploma nel 1926 all’Accademia di Belle Arti e inizia la sua attività collaborando con architetti bolognesi già affermati. Si trasferisce a Roma dove si laurea in Architettura nel 1937. Diviene allievo e collaboratore di Marcello Piacentini. La sua carriera è caratterizzata dalla grande attività svolta all’interno dello IACP. La sua esperienza nell’Istituto ha inizio con il riadattamento del progetto di Albini Camus e Palanti per la realizzazione di "fabbricati ed alloggi destinati a famiglie numerose" (le Popolarissime). Santini ripropone lo schema delle Siedlung, che si rivela soluzione adatta al complesso da realizzare. Questo successo gli fa aggiudicare l’incarico per la progettazione del Villaggio della Rivoluzione alla pineta Zangheri, importante per lo sviluppo della sua carriera a Bologna. Santini diviene il principale protagonista bolognese dell’ultima stagione del razionalismo. Lavora anche per la Piancastelli, progetta la villa di Minganti, oggi distrutta. Progetta i nuovi impianti per la ditta Ansaloni negli anni ’50. Collabora al progetto per il Palazzo “Faccetta Nera” in via Marconi. Tra il 1955 e il 1958 diviene presidente dell’Ordine degli architetti, poi anche membro dell’Accademia Clementina. Vince numerosi concorsi nazionali ed internazionali grazie alle sue competenze e alla sua pratica del mestiere ed espone i suoi lavori architettonici in mostre sia in Italia che all’estero. I suoi ultimi lavori sono la sede centrale del Credito Romagnolo, il cinema Metropolitan, il negozio di pellicce di Cohen. L’architetto pone grande attenzione nell’impiego dei colori, scegliendo con cura i cromatismi che caratterizzano le sue architetture. Mario Paniconi (Roma, 1904-1973) La sua carriera scorre florida accanto al socio e amico Pediconi, con cui otterrà numerosi riconoscimenti. Dagli anni Trenta ai Sessanta è in cerca di un linguaggio architettonico che superi le ideologie con sapienza costruttiva, uso dei materiali e continuità storica. Dagli anni Sessanta la sua ricerca si sposta sulla volontà di scavare sulle tipologie edilizie. A questo proposto sono importanti le sue esperienze come progettista per alcuni incarichi dell’INA Casa e come progettista di architettura sacra per i nuovi quartieri di espansione. L’ultimo grande progetto, portato a termine dal solo Pediconi, è il Ministero delle Poste all’EUR. Muore in fase di realizzazione di quest’ultimo. Paniconi fu presidente dell’Ordine degli architetti di Roma nel biennio 1948-49 e fu insignito del titolo di accademico di S. Luca nel 1963.

Bibliografia
Autore Anno Titolo Edizione Luogo Edizione Pagina Specifica
Vaccaro Giuseppe 1962 Quartiere coordinato di via della Barca a Bologna, osservazioni sulle esperienze di progettazione Casabella n. 263 14-28 Si
1972 Bologna scuola CE in via della Barca L’architettura. Cronache e storia n. 197 739 Si
Cervellati Pier Luigi, Scannavini Roberto, De Angelis Carlo 1977 La nuova cultura delle citta: la salvaguardia dei centri storici, la riappropriazione sociale degli organismi urbani e l'analisi dello sviluppo territoriale nell'esperienza di Bologna Edizioni scientifiche e tecniche Mondadori Milano 270 No
Carini Alessandra (a cura di) 1978 Housing in Europa (1900-1960) Luigi Parma Bologna 338-341 No
Bernabei Giancarlo, Gresleri Giuliano, Zagnoni Stefano 1984 Bologna moderna. 1860-1980 Pàtron Bologna 187-189 Si
Giordano Paolo 1988 Vaccaro e Bologna Domus n. 693 XIII-XVI No
Muratore Giorgio, Capuano Alessandra, Garofalo Francesco, Pellegrini Ettore 1988 Italia. Gli ultimi trent’anni Zanichelli, Bologna 250 Si
Neri M. Angela, Ratini Giovenale 1993 Storie di un quartiere senza storia, Bologna Comune di Bologna Bologna No
Murolo Mario Gerardo 1995 Giuseppe Vaccaro nel movimento moderno. Vittoria della ragione Strenna storica bolognese n. 45 405-433 No
Gresleri Glauco 1995 Un treno per Bologna Parametro n. 206 86-93 Si
Zironi Stefano, Branchetta Fulvia (a cura di) 1999 Alfredo Leorati A. Forni Sala Bolognese 47-51 No
Archivio Vaccaro, Basilico Gabriele 2000 Giuseppe Vaccaro moderno e contemporaneo Peliti Associati Roma No
Malossi Elettra 2000 Edilizia pubblica a Bologna: un itinerario Metronomie. Ricerche e studi sul sistema urbano bolognese n. 17 115-126 No
2000 Il modernismo mascherato. L'opera di Giuseppe Vaccaro, vista da Bolognesi e Basilico Domus n. 831 72-79 No
Accademia di Belle Arti di Bologna 2001 Figure del '900 2. Oltre l'Accademia LaLit Carpi 399 No
Balzani Marcello 2001 Ripensare la modernità della periferia. Un intervento di trasformazione del quartiere Barca a Bologna Paesaggio urbano n. 4 12-19 No
Palmieri Valerio 2002 Progetti e costruzioni per la residenza, in Mulazzani Marco (a cura di), Giuseppe Vaccaro Electa Milano 58-59 Si
2004 Bologna. Guida di architettura Allemandi Torino 212 No
Casciato Maristella, Orlandi Piero (a cura di) 2005 Quale e Quanta. Architettura in Emilia Romagna nel secondo Novecento Clueb Bologna No
Casciato Maristella, Gresleri Giuliano (a cura di) 2006 Giuseppe Vaccaro. Architetture per Bologna Compositori Bologna No
Poli Marco 2008 Cose d'altri tempi. Frammenti di storia bolognese Minerva Bologna 52-53 No
Benassi Capuano Milana, Neri Maria Angela 2010 Oltre i cancelli... al Reno Istituto Comprensivo n. 1 Bologna 24-25; 52 No
Pedrazzini Alberto 2013 La vicenda urbanistica dall'emergenza di guerra ai primi anni Settanta, in Zangheri Renato (a cura di), Storia di Bologna vol. 4., tomo 2, Bologna in età contemporanea 1915-2000, a cura di Varni Angelo Bononia University Press Bologna 717; 719 No

Allegati
File Didascalia Credito Fotografico
Vista degli edifici a nove piani su via Giotto, zona Nord Vista degli edifici a nove piani su via Giotto, zona Nord A. Zampini
Vista Nord-Est del Vista Nord-Est del "treno" centrale R. Vlahov. Courtesy IBC
Prospetto posteriore di un edificio tipo del complesso in zona Sud Prospetto posteriore di un edificio tipo del complesso in zona Sud A. Zampini
Vista, dal Vista, dal "treno", degli edifici a nove piani A. Zampini
Particolare del prospetto convesso del Particolare del prospetto convesso del "treno" in cui si notano le persiane scorrevoli R. Vlahov. Courtesy IBC
Vista Sud del prospetto concavo del Vista Sud del prospetto concavo del "treno" R. Vlahov. Courtesy IBC
Vista degli edifici su via Buozzi, zona Nord Vista degli edifici su via Buozzi, zona Nord R. Vlahov. Courtesy IBC
Vista degli edifici INCIS su via Buozzi, zona Nord Vista degli edifici INCIS su via Buozzi, zona Nord R. Vlahov. Courtesy IBC
Vista degli edifici UNRRA-CASAS su via Tolstoi, zona Nord Vista degli edifici UNRRA-CASAS su via Tolstoi, zona Nord R. Vlahov. Courtesy IBC
Vista prospettica dell’edificio a nastro detto Vista prospettica dell’edificio a nastro detto "il treno" A. Zampini 2013

Criteri
2. L’edificio o l’opera di architettura è illustrata in almeno due riviste di architettura di livello nazionale e/o internazionale.
4. L’edificio o l’opera di architettura riveste un ruolo significativo nell’ambito dell’evoluzione del tipo edilizio di pertinenza, ne offre un’interpretazione progressiva o sperimenta innovazioni di carattere distributivo e funzionale.
6. L’edificio o l’opera di architettura è stata progettata da una figura di rilievo nel panorama dell’architettura nazionale e/o internazionale.
7. L’edificio o l’opera di architettura si segnala per il particolare valore qualitativo all’interno del contesto urbano in cui è realizzata.
Sitografia ed altri contenuti online
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Atlante Architettura Contemporanea Visualizza
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Crediti Scheda
Enti di riferimento: PaBAAC - Segretariato Regionale per l'Emilia Romagna
Titolare della ricerca: Università degli studi di Bologna Dipartimento di Architettura
Responsabile scientifico: Marco Pretelli


Scheda redatta da Matteo Sintini, Margherita Merendino
creata il 31/12/2013
ultima modifica il 10/06/2024

Revisori:

Stefano Setti

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