Censimento delle architetture italiane dal 1945 ad oggi

VILLAGGIO ANIC E AMPLIAMENTO

Scheda Opera

  • Vista delle abitazioni organizzate a corte
  • Vista del quartiere da via Lago Maggiore
  • Vista di una delle facciate delle abitazioni a corte
  • Vista dell'aggregazione delle unità abitative
  • Vista di una delle corti interne
  • Vista di scorcio del basamento delle abitazioni
  • Vista di uno degli edifici a stecca da via Chiavica Romea
  • Vista del quartiere da via Chiavica Romea
  • Vista del retro degli edifici a stecca
  • Vista di scorcio della facciata degli edifici a stecca
  • Vista di scorcio del retro degli edifici a stecca
  • Vista delle logge ad angolo
  • Vista delle logge del corpo centrale
  • Vista della corte interna adiacente gli edifici a stecca
  • Vista della centrale autonoma del quartiere
  • Comune: Ravenna
  • Denominazione: VILLAGGIO ANIC E AMPLIAMENTO
  • Indirizzo: Via Enrico Mattei, Via Lago di Carezza, Via V. Patuelli, Via Chiavica Romea
  • Data: 1956 - 1963
  • Tipologia: Quartieri
  • Autori principali: Edoardo Gellner, Carlo Maria Sadich, Mario Bacciocchi, Marco Bacigalupo, Vito Latis, Ugo Ratti, Gustavo Latis
Descrizione

Il quartiere è realizzato dall'Anic S.p.A. (Azienda Italiana Idrogenazione Combustibili), attualmente Eni, a supporto dell’insediamento del polo petrolchimico per lo sfruttamento dei giacimenti metaniferi, sorto nella città ravennate a partire dall’acquisizione dei terreni contenenti i giacimenti nel 1955.
Lo stabilimento si insedia in una zona paludosa sulla riva sinistra del fiume Candiano, altre due porzioni di territorio, confinanti con il cimitero, vengono invece destinate alla progettazione dell'abitato e dei servizi annessi. Nasce così il “villaggio Anic”, denominato dall'azienda “quartiere Ravenna Nord”, attualmente rinominato “quartiere di San Giuseppe operaio”.
Il nucleo abitativo localizzato in zone periferiche, mostra la chiara volontà di separazione dalla città e di realizzazione di una fabbrica-città.
Il quartiere è costituito da fabbricati organizzati in lotti, su progetto dell'architetto Mario Bacciocchi, autore di un insediamento analogo a Metanapoli per conto dell’ENI, di cui quello ravennate subisce numerose influenze.
Il primo lotto ad essere realizzato è il “modulo Z”, collocato nelle immediate vicinanze dello stabilimento, che ospita gli impiegati tecnici e le loro famiglie.
A partire dal 1957 si procede a una revisione del progetto che abbandona l'idea di un insediamento vicino all'impianto di produzione, grazie a una nuova acquisizione di aree per 45 ettari. Il villaggio assume le caratteristiche di un centro completamente autonomo, distante dallo stabilimento produttivo, in una zona a nord oltre la linea ferroviaria completamente isolata dalla città e raggiungibile solo dall'antica via Chiavica Romea. Il nuovo progetto viene affidato agli architetti milanesi Vito e Gustavo Latis. Il piano, presentato nel 1958, ha dimensioni maggiori rispetto al precedente. Pensato per ospitare circa quindicimila abitanti, troverà realizzazione solo in un primo nucleo, anche a seguito del confronto dei due progettisti con Ludovico Quaroni, che sta all’epoca lavorando alla stesura del nuovo piano regolatore.
L’ulteriore revisione del progetto determina il frazionamento del quartiere in unità semi-autonome e interconnesse, da realizzarsi per fasi successive. Otto isole residenziali gravitano attorno al nucleo di servizi, mentre la viabilità di raccordo interna è affidata a una doppia carreggiata mitigata da un'ampia presenza di verde. La viabilità secondaria è affidata a una capillare disposizione di vie minori baricentriche rispetto la piazza, fulcro di tutto l’impianto. Sette tipologie edilizie combinabili tra loro rispondono all'esigenza di alloggiare i lavoratori operai distinti dalle residenze dei dirigenti, con altezze che variano dai due ai sei livelli.
Solo una parte del primo nucleo viene completato tra il 1958 e il 1960 composto da circa quindici edifici residenziali di quattro livelli, riferibili a due modelli di aggregazione: a stecca e a unità con cortile. I primi cinque, realizzati con mattoni pieni faccia a vista, sono collocati parallelamente alla strada carrabile principale e raggruppati intorno alla centrale termica costruita appositamente per il quartiere. Questi edifici a stecca, con orientamento nord-sud, sono caratterizzati dalla giustapposizione di tre volumi: uno centrale con tetto piano suddiviso in logge e balconi aggettanti, i due laterali sollevati su pilasti, con la copertura a falda unica, che riprendono il motivo delle bucature di quello centrale con alcune variazioni. I restanti dieci, organizzati intorno a cortili, presentano tamponamenti intonacati, incorniciati dalla struttura in cemento armato messa in evidenza in facciata. Il piano terra destinato a portico coperto, e contenente le autorimesse, è messo in comunicazione attraverso camminamenti pedonali, agli ampi spazi verdi delle corti. Gli alloggi hanno finestre dotate di parapetto metallico, leggermente sfalsate nel livello intermedio, che tagliano il piano da trave a trave. Le coperture sono a due falde. Successivamente l'incarico di progettazione passerà nel 1960 a Edoardo Gellner, poi sostituito nel 1964, anno di conclusione del progetto, dagli architetti Marco Bacigalupo e Ugo ratti. Questi dotano il villaggio di residenze, servizi e scuole materna ed elementare: l'una demolita negli anni '90 e l'altra irriconoscibile a causa di successivi interventi.

(Matteo Sintini, Elia Serafini)

Info
  • Progetto: 1956 -
  • Esecuzione: 1957 - 1963
  • Proprietà: Proprietà privata
  • Destinazione originaria: Quartiere residenziale con servizi
  • Destinazione attuale: Quartiere residenziale con servizi
Autori
Nome Cognome Ruolo Fase Progetto Archivio Architetti Url Profilo Autore Principale
Mario Bacciocchi Progetto architettonico Progetto Visualizza Profilo https://www.architetti.san.beniculturali.it/web/architetti/protagonisti/scheda-protagonista?p_p_id=56_INSTANCE_V64e&articleId=41402&p_p_lifecycle=1&p_p_state=normal&groupId=10304&viewMode=normal SI
Marco Bacigalupo Progetto architettonico Progetto SI
Edoardo Gellner Progetto architettonico Progetto Visualizza Profilo https://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/siusa/pagina.pl?TipoPag=prodpersona&Chiave=54807 SI
Vito Latis Progetto architettonico Progetto Visualizza Profilo https://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/siusa/pagina.pl?TipoPag=prodpersona&Chiave=21179 SI
Gustavo Latis Progetto architettonico Progetto Visualizza Profilo https://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/siusa/pagina.pl?TipoPag=prodpersona&Chiave=21186 SI
Carlo Maria Sadich Progetto architettonico Progetto SI
Ugo Ratti Progetto architettonico Progetto SI
  • Strutture: cemento armato
  • Materiale di facciata: mattoni pieni faccia a vista, intonaci cementizi e cemento armato
  • Coperture: piane o a falda
  • Serramenti: metallici
  • Stato Strutture: Buono
  • Stato Materiale di facciata: Buono
  • Stato Coperture: Buono
  • Stato Serramenti: Buono

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Lo stabilimento si insedia in una zona paludosa sulla riva sinistra del fiume Candiano, altre due porzioni di territorio, confinanti con il cimitero, vengono invece destinate alla progettazione dell'abitato e dei servizi annessi. Nasce così il “villaggio Anic”, denominato dall'azienda “quartiere Ravenna Nord”, attualmente rinominato “quartiere di San Giuseppe operaio”. 
Il nucleo abitativo localizzato in zone periferiche, mostra la chiara volontà di separazione dalla città e di realizzazione di una fabbrica-città. 
Il quartiere è costituito da fabbricati organizzati in lotti, su progetto dell'architetto Mario Bacciocchi, autore di un insediamento analogo a Metanapoli per conto dell’ENI, di cui quello ravennate subisce numerose influenze.
Il primo lotto ad essere realizzato è il “modulo Z”, collocato nelle immediate vicinanze dello stabilimento, che ospita gli impiegati tecnici e le loro famiglie.
A partire dal 1957 si procede a una revisione del progetto che abbandona l'idea di un insediamento vicino all'impianto di produzione, grazie a una nuova acquisizione di aree per 45 ettari. Il villaggio assume le caratteristiche di un centro completamente autonomo, distante dallo stabilimento produttivo, in una zona a nord oltre la linea ferroviaria completamente isolata dalla città e raggiungibile solo dall'antica via Chiavica Romea. Il nuovo progetto viene affidato agli architetti milanesi Vito e Gustavo Latis. Il piano, presentato nel 1958, ha dimensioni maggiori rispetto al precedente. Pensato per ospitare circa quindicimila abitanti, troverà realizzazione solo in un primo nucleo, anche a seguito del confronto dei due progettisti con Ludovico Quaroni, che sta all’epoca lavorando alla stesura del nuovo piano regolatore. 
L’ulteriore revisione del progetto determina il frazionamento del quartiere in unità semi-autonome e interconnesse, da realizzarsi per fasi successive. Otto isole residenziali gravitano attorno al nucleo di servizi, mentre la viabilità di raccordo interna è affidata a una doppia carreggiata mitigata da un'ampia presenza di verde. La viabilità secondaria è affidata a una capillare disposizione di vie minori baricentriche rispetto la piazza, fulcro di tutto l’impianto. Sette tipologie edilizie combinabili tra loro rispondono all'esigenza di alloggiare i lavoratori operai distinti dalle residenze dei dirigenti, con altezze che variano dai due ai sei livelli. 
Solo una parte del primo nucleo viene completato tra il 1958 e il 1960 composto da circa quindici edifici residenziali di quattro livelli, riferibili a due modelli di aggregazione: a stecca e a unità con cortile. I primi cinque, realizzati con mattoni pieni faccia a vista, sono collocati parallelamente alla strada carrabile principale e raggruppati intorno alla centrale termica costruita appositamente per il quartiere. Questi edifici a stecca, con orientamento nord-sud, sono caratterizzati dalla giustapposizione di tre volumi: uno centrale con tetto piano suddiviso in logge e balconi aggettanti, i due laterali sollevati su pilasti, con la copertura a falda unica, che riprendono il motivo delle bucature di quello centrale con alcune variazioni. I restanti dieci, organizzati intorno a cortili, presentano tamponamenti intonacati, incorniciati dalla struttura in cemento armato messa in evidenza in facciata. Il piano terra destinato a portico coperto, e contenente le autorimesse, è messo in comunicazione attraverso camminamenti pedonali, agli ampi spazi verdi delle corti. Gli alloggi hanno finestre dotate di parapetto metallico, leggermente sfalsate nel livello intermedio, che tagliano il piano da trave a trave. Le coperture sono a due falde. Successivamente l'incarico di progettazione passerà nel 1960 a Edoardo Gellner, poi sostituito nel 1964, anno di conclusione del progetto, dagli architetti Marco Bacigalupo e Ugo ratti. Questi dotano il villaggio di residenze, servizi e scuole materna ed elementare: l'una demolita negli anni '90 e l'altra irriconoscibile a causa di successivi interventi. 

(Matteo Sintini, Elia Serafini)

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Vito Latis (Firenze, 1912 – Albavilla, 1996) 
Nasce da una famiglia di origini modenesi trasferitasi a Milano. Studia al Politecnico di Milano laureandosi nel 1935. Tra i suoi compagni universitari stringe rapporti con Franco Longoni e Cesare Cattaneo, nell'ambiente comasco si cimenta nelle prime progettazioni. Nel 1933, ancora studente, ottiene il suo primo riconoscimento alla mostra di architettura organizzata dalla Gioventù Fascista (Guf) di Milano collaborando al progetto di un circolo di tennis con l'amico Cattaneo. Già in questo periodo compaiono suoi scritti sulle riviste “Casabella” e “Quadrante". 
Nel 1936 apre il suo primo studio professionale, dirige i lavori della villa Pozzani a Bonassola e realizza la villa Jucker in viale Monterosa a Milano e l'arredo dell'appartamento di Nola, pubblicato nel 1942 in “Domus”.
Conseguentemente all'emanazione delle leggi razziali contro la comunità ebraica nel 1938, la produzione dell'architetto diminuisce sopravvivendo grazie a commissioni da parte di amici e conoscenti. Trascorre un periodo obbligato in Svizzera, causa vicende politiche nell'autunno del '43, dove collabora con l'arch. Bruno Tami e partecipa a Zurigo al Boureau Technique (Btr). Il Btr è dedicato alla ricostruzione edilizia dei danni provocati dal conflitto modiale. Nel 1945 rientra in Italia, firma diversi articoli insieme al fratello Gustavo, e pubblica il volume I libri nella casa.
Partecipa alla commissione di studio per il PRG della città di Milano nel 1947-48, e nel dopoguerra contribuisce al processo di ricostruzione della città con numerose realizzazioni, in particolare di blocchi residenziali e uffici.
Insieme a Luigi Mattioni dal 1937 al 1952 è assistente alla facoltà di architettura presso la cattedra di Elementi di Disegno Architettonico tenuta dal professore Umberto Sabbioni.
Espone alla mostra collettiva “Italian Contemporary Architecture” e nel '54 organizza la Mostra del Mobile Italiano in Svezia. 
Della sua attività di pittore si ricordano le mostre alla galleria San Fedele di Milano e alla galleria Santo Stefano di Venezia.
Membro del consiglio sindacale architetti dell'associazione Nazionale Architetti e Ingegneri (Aniai) 1946-48, dell'Istituto Nazionale di Urbanistica (INU). E’ i fondatori del Movimento di Studi per l'Architettura (MSA), di cui ricopre anche la carica di presidente (52-53). 

Gustavo Latis (Milano, 1920 – Albavilla, 2016) 
Terminati gli studi al Liceo Classico, con difficoltà dovute all'emanazione delle leggi razziali, svolge attività clandestina come apprendista scenografo, fotografo alla Scala. Nel 1944-54 si rifugia in Svizzera e condivide il periodo di esilio forzato con l'amico Ludovico Magistretti. Qui non entra inizialmente a far parte del Btr con il fratello architetto e si mantiene lavorando prima come bracciante, poi come correttore di bozze presso una testata giornalistica di Lugano. Finita la guerra, completa gli studi di architettura al Politecnico di Milano, laureandosi nel 1948 con una tesi il cui relatore è Piero Portaluppi. Durante gli anni degli studi collabora nello studio del fratello ai suoi primi lavori. 
Nel 1946 aderisce all'Associazione Libera Studenti Architetti (Alsa) che collabora con personalità quali, Bruno Zevi, Gillo Dorfles e Giulia Veronesi. 
Nel 1949 in qualità di condirettore collabora alle edizioni Tamburini degli Studi Monografici d'Architettura e nello stesso anno, si iscrive all'albo professionale. 
Membro dell'INU e dell' Adi (Associazione Disegno Industriale), nel 1951 lascia l'associazione Alsa in favore dell'MSA che lo occupa attivamente dal 1955 al 1958. 
Il condominio milanese di via Boccaccio 24 è il suo primo lavoro. 
Dal 1956 Gustavo e Vito si associano nello studio “Studio Latis Architetti” e da questo punto in poi si apre circa un quarantennio, fino alla scomparsa di Vito Latis, di lavoro che spazia dall'architettura industriale a quella privata, dall'arredamento al design. La loro produzione trova posto, sulle più note riviste di architettura italiana.

Carlo Maria Sadich (Campobasso, 1950)
Si laurea all'università “La Sapienza” di Roma nel 1977. L'attività professionale degli esordi lo occupa prevalentemente nell'ambito della residenza privata. Nel 1984, collaborando con Colombari e De Boni, progetta le strutture provvisiorie dell'Estate Romana al Circo Massimo, poi, nel 1985 quelle al Palazzo dei congressi di Roma. Legato alla committenza del gruppo Ferruzzi realizza a Ravenna il Palazzo Mauro De Andrè, a Mosca il padiglione Ferruzzi nel 2000, interviene in piazza della Scala a Milano e ristruttura il Palazzo dello Sport a Roma. Nel 1993 interviene con l'ampliamento nel quartiere di San Giuseppe operaio (ex-Anic) su incarico della Iacp e della Coop Village. Fondatore nel 1994 della “Compagnia del Progetto” attiva nel campo della progettazione architettonica. 
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  • Provvedimenti di tutela: Nessuna opzione
  • Data Provvedimento:
  • Riferimento Normativo:
  • Altri Provvedimenti:
  • Foglio Catastale: -
  • Particella: 1957

Note

Nel 1990, in seguito alla privatizzazione, il complesso subisce ingenti modifiche. Sostanziale è l'intervento di ampliamento del 1993 dell'architetto Carlo Maria Sadich. Vito Latis (Firenze, 1912 – Albavilla, 1996) Nasce da una famiglia di origini modenesi trasferitasi a Milano. Studia al Politecnico di Milano laureandosi nel 1935. Tra i suoi compagni universitari stringe rapporti con Franco Longoni e Cesare Cattaneo, nell'ambiente comasco si cimenta nelle prime progettazioni. Nel 1933, ancora studente, ottiene il suo primo riconoscimento alla mostra di architettura organizzata dalla Gioventù Fascista (Guf) di Milano collaborando al progetto di un circolo di tennis con l'amico Cattaneo. Già in questo periodo compaiono suoi scritti sulle riviste “Casabella” e “Quadrante". Nel 1936 apre il suo primo studio professionale, dirige i lavori della villa Pozzani a Bonassola e realizza la villa Jucker in viale Monterosa a Milano e l'arredo dell'appartamento di Nola, pubblicato nel 1942 in “Domus”. Conseguentemente all'emanazione delle leggi razziali contro la comunità ebraica nel 1938, la produzione dell'architetto diminuisce sopravvivendo grazie a commissioni da parte di amici e conoscenti. Trascorre un periodo obbligato in Svizzera, causa vicende politiche nell'autunno del '43, dove collabora con l'arch. Bruno Tami e partecipa a Zurigo al Boureau Technique (Btr). Il Btr è dedicato alla ricostruzione edilizia dei danni provocati dal conflitto modiale. Nel 1945 rientra in Italia, firma diversi articoli insieme al fratello Gustavo, e pubblica il volume I libri nella casa. Partecipa alla commissione di studio per il PRG della città di Milano nel 1947-48, e nel dopoguerra contribuisce al processo di ricostruzione della città con numerose realizzazioni, in particolare di blocchi residenziali e uffici. Insieme a Luigi Mattioni dal 1937 al 1952 è assistente alla facoltà di architettura presso la cattedra di Elementi di Disegno Architettonico tenuta dal professore Umberto Sabbioni. Espone alla mostra collettiva “Italian Contemporary Architecture” e nel '54 organizza la Mostra del Mobile Italiano in Svezia. Della sua attività di pittore si ricordano le mostre alla galleria San Fedele di Milano e alla galleria Santo Stefano di Venezia. Membro del consiglio sindacale architetti dell'associazione Nazionale Architetti e Ingegneri (Aniai) 1946-48, dell'Istituto Nazionale di Urbanistica (INU). E’ i fondatori del Movimento di Studi per l'Architettura (MSA), di cui ricopre anche la carica di presidente (52-53). Gustavo Latis (Milano, 1920 – Albavilla, 2016) Terminati gli studi al Liceo Classico, con difficoltà dovute all'emanazione delle leggi razziali, svolge attività clandestina come apprendista scenografo, fotografo alla Scala. Nel 1944-54 si rifugia in Svizzera e condivide il periodo di esilio forzato con l'amico Ludovico Magistretti. Qui non entra inizialmente a far parte del Btr con il fratello architetto e si mantiene lavorando prima come bracciante, poi come correttore di bozze presso una testata giornalistica di Lugano. Finita la guerra, completa gli studi di architettura al Politecnico di Milano, laureandosi nel 1948 con una tesi il cui relatore è Piero Portaluppi. Durante gli anni degli studi collabora nello studio del fratello ai suoi primi lavori. Nel 1946 aderisce all'Associazione Libera Studenti Architetti (Alsa) che collabora con personalità quali, Bruno Zevi, Gillo Dorfles e Giulia Veronesi. Nel 1949 in qualità di condirettore collabora alle edizioni Tamburini degli Studi Monografici d'Architettura e nello stesso anno, si iscrive all'albo professionale. Membro dell'INU e dell' Adi (Associazione Disegno Industriale), nel 1951 lascia l'associazione Alsa in favore dell'MSA che lo occupa attivamente dal 1955 al 1958. Il condominio milanese di via Boccaccio 24 è il suo primo lavoro. Dal 1956 Gustavo e Vito si associano nello studio “Studio Latis Architetti” e da questo punto in poi si apre circa un quarantennio, fino alla scomparsa di Vito Latis, di lavoro che spazia dall'architettura industriale a quella privata, dall'arredamento al design. La loro produzione trova posto, sulle più note riviste di architettura italiana. Carlo Maria Sadich (Campobasso, 1950) Si laurea all'università “La Sapienza” di Roma nel 1977. L'attività professionale degli esordi lo occupa prevalentemente nell'ambito della residenza privata. Nel 1984, collaborando con Colombari e De Boni, progetta le strutture provvisiorie dell'Estate Romana al Circo Massimo, poi, nel 1985 quelle al Palazzo dei congressi di Roma. Legato alla committenza del gruppo Ferruzzi realizza a Ravenna il Palazzo Mauro De Andrè, a Mosca il padiglione Ferruzzi nel 2000, interviene in piazza della Scala a Milano e ristruttura il Palazzo dello Sport a Roma. Nel 1993 interviene con l'ampliamento nel quartiere di San Giuseppe operaio (ex-Anic) su incarico della Iacp e della Coop Village. Fondatore nel 1994 della “Compagnia del Progetto” attiva nel campo della progettazione architettonica.

Bibliografia
Autore Anno Titolo Edizione Luogo Edizione Pagina Specifica
Ronchi Lisa 1958 Edilizia colta a Milano: L'architetto Vito Latis L'Architettura. Cronache e storia n. 4 532 - 548 No
Latis Vito, Viganò Vittoriano 1996 Maestri Milanesi Abitare n. 349 139 - 143 No
Balzani Paolo 2003 Ravenna tra regno d'Italia e Repubblica Italiana. Una “metamorfosi” non controllata, in Parisini Roberto (a cura di), I piani della città. Trasformazione urbana, identità politiche e sociali tra fascismo, guerra e ricostruzione in Emilia-Romagna Compositori Bologna 265 - 271 No
Balzani Paolo 2003 Ravenna tra regno d'Italia e Repubblica Italiana. Una “metamorfosi” non controllata, in Parisini Roberto (a cura di), I piani della città. Trasformazione urbana, identità politiche e sociali tra fascismo, guerra e ricostruzione in Emilia-Romagna Compositori Bologna 265 - 271 No
Casciato Maristella, Orlandi Piero (a cura di) 2005 Quale e Quanta. Architettura in Emilia Romagna nel secondo Novecento Clueb Bologna No
Capitanucci Maria Vittoria (a cura di) 2007 Vito e Gustavo Latis: frammenti di città Skira Milano 106-109 Si
Deschermeier Dorothea (a cura di) 2008 Impero ENI. L'architettura aziendale e l'urbanistica di Enrico Mattei Damiani Bologna 58 - 66 Si
Fabbri Roberto 2011 Un progetto per Enrico Mattei. Chiesa e centro parrocchiale al villaggio A.n.i.c. di Ravenna (1960-1965), in Pace Sergio (a cura di), Pier Luigi Nervi. Torino, la committenza industriale, le culture architettoniche e politecniche italiane Silvana Editore Milano 49-53 Si

Allegati
File Didascalia Credito Fotografico
Vista delle abitazioni organizzate a corte Vista delle abitazioni organizzate a corte Elia Serafini
Vista del quartiere da via Lago Maggiore Vista del quartiere da via Lago Maggiore Elia Serafini
Vista di una delle facciate delle abitazioni a corte Vista di una delle facciate delle abitazioni a corte Elia Serafini
Vista dell'aggregazione delle unità abitative Vista dell'aggregazione delle unità abitative Elia Serafini
Vista di una delle corti interne Vista di una delle corti interne Elia Serafini
Vista di scorcio del basamento delle abitazioni Vista di scorcio del basamento delle abitazioni Elia Serafini
Vista di uno degli edifici a stecca da via Chiavica Romea Vista di uno degli edifici a stecca da via Chiavica Romea Elia Serafini
Vista del quartiere da via Chiavica Romea Vista del quartiere da via Chiavica Romea Elia Serafini
Vista del retro degli edifici a stecca Vista del retro degli edifici a stecca Elia Serafini
Vista di scorcio della facciata degli edifici a stecca Vista di scorcio della facciata degli edifici a stecca Elia Serafini
Vista di scorcio del retro degli edifici a stecca Vista di scorcio del retro degli edifici a stecca Elia Serafini
Vista delle logge ad angolo Vista delle logge ad angolo Elia Serafini
Vista delle logge del corpo centrale Vista delle logge del corpo centrale Elia Serafini
Vista della corte interna adiacente gli edifici a stecca Vista della corte interna adiacente gli edifici a stecca Elia Serafini
Vista della centrale autonoma del quartiere Vista della centrale autonoma del quartiere Elia Serafini

Criteri
2. L’edificio o l’opera di architettura è illustrata in almeno due riviste di architettura di livello nazionale e/o internazionale.
3. L’edificio o l’opera di architettura ha una riconosciuta importanza nel panorama dell’architettura nazionale, degli anni nei quali è stata costruita, anche in relazione ai contemporanei sviluppi sia del dibattito, sia della ricerca architettonica nazionale e internazionale,
4. L’edificio o l’opera di architettura riveste un ruolo significativo nell’ambito dell’evoluzione del tipo edilizio di pertinenza, ne offre un’interpretazione progressiva o sperimenta innovazioni di carattere distributivo e funzionale.
6. L’edificio o l’opera di architettura è stata progettata da una figura di rilievo nel panorama dell’architettura nazionale e/o internazionale.
Sitografia ed altri contenuti online
Titolo Url
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Crediti Scheda
Enti di riferimento: PaBAAC - Segretariato Regionale per l'Emilia Romagna
Titolare della ricerca: Università degli studi di Bologna Dipartimento di Architettura
Responsabile scientifico: Marco Pretelli


Scheda redatta da Matteo Sintini, Elia Serafini
creata il 31/12/2013
ultima modifica il 24/04/2024

Revisori:

Setti Stefano 2022

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