VILLAGGIO INA CASA BORGO PANIGALE
Scheda Opera
- Comune: Bologna
- Località: Borgo Panigale
- Denominazione: VILLAGGIO INA CASA BORGO PANIGALE
- Indirizzo: Via Normandia, Via Emilia, Via del Carroccio
- Data: - 1957
- Tipologia: Edilizia residenziale pubblica
- Autori principali: Giuseppe Vaccaro
Descrizione
Il quartiere è parte del progetto di espansione della città, culminato nel P.R.G. del 1955.
Posto al margine occidentale della direttiva est-ovest della via Emilia, secondo Plinio Marconi e l’Ufficio tecnico comunale, estensori del Piano, le dimensioni stimate di crescita, poi notevolmente ridimensionate, prevedono il raggiungimento del milione di abitanti per Bologna e settantamila per Borgo Panigale, consolidando lo sviluppo già avviato nel primo dopoguerra con lo spostamento di alcune importanti industrie, come la Ducati e la Minganti, culminato nel 1937 con l’inglobamento di Borgo Panigale al comune capoluogo, nel primo progetto di “Grande Bologna”.
Il progetto è redatto da Giuseppe Vaccaro in qualità di coordinatore, insieme a Francesco Santini, autore di importanti interventi per lo Iacp bolognese e ad un gruppo di architetti di rilievo che realizzano i progetti dei singoli blocchi edilizi, tra questi i bolognesi Leorati, Giordani e Annibale Vitellozzi, figura di rilievo dell’ambiente romano a lungo frequentato da Vaccaro.
Realizzato nel corso del primo settennato Ina Casa, presenta i caratteri tipici dei quartieri del periodo, rispondenti alla manualistica e alle prescrizioni che regolano gli appalti e la costruzione degli insediamenti, così come elementi delle più avanzate ricerche sul tema dell’abitazione, che negli stessi anni Vaccaro, insieme ad Adalberto Libera, conduce e applica in altri progetti, su tutti, rimanendo in ambito Bolognese, il quartiere coordinato Barca.
Il quartiere è destinato ad ospitare più di settecento alloggi, in parte da assegnare in locazione (da 650 a 850 lire al mese), in parte a riscatto (con rate oscillanti a seconda dell’allogio da 1100 a 1450 lire).
Fondato su un principio di aggregazione tipologica piuttosto che di ripetizione di un modulo abitativo, l’insediamento mescola case a schiera, a torre e in linea, perseguendo un effetto di “villaggio suburbano spontaneo”, basato sull’integrazione delle architetture con il verde, la varietà prospettica, la “naturalità” dei percorsi e l’unità di vicinato.
Distante dalla retorica popolare visibile in alcune esperienze del neorealismo coevo, come sottolinea Giovanni Astengo, l’effetto generale è piuttosto di "eccitante discontinuità resa più nervosa dagli spezzettamenti di volumi e superficie" (cit).
Anche da un punto di vista del linguaggio architettonico, l’evidente necessità di realizzare un’edilizia a basso costo, è interpretata secondo la volontà di restituire un’immagine di rigore e controllo priva di accenti volti a richiamare un’atmosfera ultrapopolare. Nei corpi in linea, ad esempio, il trattamento semicircolare dell’angolo superiore della loggia con balcone o la posizione di alcune finestre poste a svuotare il margine esterno del prospetto, costituiscono l’unica eccezione alla regolarità del partito di facciata, intagliato da semplici aperture nella cortina muraria uniforme trattata ad intonaco, d’ispirazione razionalista. Ancora, al solo elemento del balcone o alla variazione del profilo delle falde di coperture è delegato il compito di produrre una rottura della precisa chiarezza volumetrica, che mostra, come i modelli di riferimento nell’emergenza della ricostruzione, siano ancora quelli della stagione precedente debitamente adattati.
Il quartiere è attraversato dalla via del Carroccio, che ne costituisce l’asse centrale di attraversamento, congiungente le due strade che perimetrano l’area: via di Mezzo a nord, e via Emilia a sud. Esso risulta in questo modo suddiviso in due parti: quella occidentale, in cui trovano localizzazione le case a schiera a blocchi sfalsati, verniciate a tinte colorate e quella orientale, destinata a case in linea ad appartamenti di tre-quattro piani e case a torre. Gli alloggi sono dedicati prioritariamente a cittadini senza casa e successivamente a diverse categorie di lavoratori, dagli operai agli impiegati. Presentano tutti servizi igienici privati, mentre in ciasun edificio si prevedono spazi comuni quali cantine, lavanderie e stenditoi nei sottotetti, per liberare l’interno degli appartamenti da questi ambienti.
Il carattere di autosufficienza del quartiere è confermato, poi, dalla dotazione di servizi collettivi di vicinato: un asilo nido, una scuola dell’infanzia ed elementare oltre alla chiesa del Cuore Immacolato di Maria, realizzata dallo stesso Vaccaro, nell’area centrale, che doveva ospitare anche un cinema e un mercato coperto poi non realizzato.
Lungo la via Emilia e lungo via Normandia, prospiciente al nucleo dei servizi, una serie di edifici porticati con negozi al piano terra e finiture in mattoni faccia a vista, rimandano alla tradizionale immagine delle città emiliane.
(Matteo Sintini)
Info
- Progetto: -
- Esecuzione: 1951 - 1957
- Committente: Gestione Ina Casa
- Proprietà: Proprietà pubblico-privata
- Destinazione originaria: Quartiere residenziale e servizi
- Destinazione attuale: Quartiere residenziale e servizi
Autori
- Strutture: telai in cemento armato, partizioni e tamponamenti laterocementizi
- Materiale di facciata: intonaco e mattoni faccia a vista
- Coperture: a falde in coppi
- Serramenti: lignei
- Stato Strutture: Buono
- Stato Materiale di facciata: Buono
- Stato Coperture: Buono
- Stato Serramenti: Buono
- Vincolo: Non Vincolata
- Provvedimenti di tutela: Nessuna opzione
- Data Provvedimento:
- Riferimento Normativo:
- Altri Provvedimenti:
- Foglio Catastale: -
- Particella: -
Note
Giuseppe Vaccaro (Bologna 1896 – Roma 1970) nasce a Bologna, città presso cui nel 1920 si laurea in Ingegneria civile e dove si forma sotto la guida di Attilio Muggia per poi divenire suo assistente nel 1921. Nel 1922 si trasferisce a Roma dove lavora presso lo studio di Marcello Piacentini e viene a contatto con Enrico Del Debbio. Nel 1934 ottiene la libera docenza in Architettura Tecnica. Fino alla fine della guerra, le sue architetture sono caratterizzate dall’impiego di un linguaggio razionalista, da una parte attento alle ricerche funzionaliste, dall’altro adatto alla cifra monumentale richiesta dal regime. Numerosi sono in questi anni gli incarichi pubblici, che gli permettono di emergere nel panorama nazionale. Tra questi il Palazzo delle Poste di Napoli (1929) e i progetti per i concorsi per il palazzo della Società delle Nazioni a Ginevra (1927 con Carlo Broggi e Luigi Franzi), e del palazzo delle Corporazioni a Roma (1927, con Piacentini). A Bologna e in Emilia realizza: i progetti per la Cooperativa mutilati e invalidi di guerra e la sede dell’Associazione mutilati, oltre agli interventi nel campo della residenza tra cui si citano in particolare i complessi in via Tanari, in via Vascelli e in piazza di Porta Sant’Isaia. Le opere principali del periodo, e di tutta la sua produzione rimangono, la sede della facoltà di Ingegneria di Bologna (1935) e la Colonia Agip a Cesenatico (1937), tra gli esempi migliori dell’interpretazione “autonoma” del linguaggio razionale, in cui si riconosce una predilezione per la chiarezza volumetrica e distributiva e l’idea che l’impiego sapiente dei materiali sia la cifra della qualità architettonica di un edificio. Fra il 1944 e il 1950 opera nuovamente a Bologna, prima nello studio di Bruno Parolini e poi in uno studio proprio; nel 1951 si trasferisce definitivamente a Roma. In questo secondo periodo della sua produzione architettonica, Vaccaro abbandona le forme solenni dei suoi progetti degli anni Trenta per dedicarsi ai temi della ricostruzione post-bellica, in particolare dedicandosi allo studio dell’architettura funzionale, in cerca della soluzione al problema della "casa esatta", a cui dedica un volume ("Verso la casa esatta", Milano 1945) che raccoglie il lavoro sulla residenza condotto con Gio Ponti e Adalberto Libera, autore che collaborerà a lungo con Vaccaro. Partecipa, in questo contesto alla redazione, in Emilia-Romagna, di diversi piani urbanistici dei comuni del ravennate e del ferrarese e alla realizzazione dei quartieri Ina a Piacenza e a Bologna, dove coordina il progetto per il quartiere Barca e Borgo Panigale. Importanti sono i lavori nell’ambito dell’architettura religiosa, tra cui spicca la chiesa del Sacro Cuore Immacolato di Maria (1965) in collaborazione con Libera, Sergio Musmeci, Pier Luigi Nervi. La chiesa di San Giovanni Bosco a Bologna (1968) è uno dei suoi ultimi interventi. È stato membro dell’INU, dell’Accademia clementina, dell’Accademia fiorentina delle arti e del disegno e dell’Accademia di Parma.
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Allegati
Criteri
2. L’edificio o l’opera di architettura è illustrata in almeno due riviste di architettura di livello nazionale e/o internazionale. | |
3. L’edificio o l’opera di architettura ha una riconosciuta importanza nel panorama dell’architettura nazionale, degli anni nei quali è stata costruita, anche in relazione ai contemporanei sviluppi sia del dibattito, sia della ricerca architettonica nazionale e internazionale, | |
4. L’edificio o l’opera di architettura riveste un ruolo significativo nell’ambito dell’evoluzione del tipo edilizio di pertinenza, ne offre un’interpretazione progressiva o sperimenta innovazioni di carattere distributivo e funzionale. | |
5. L’edificio o l’opera di architettura introduce e sperimenta significative innovazioni nell’uso dei materiali o nell’applicazione delle tecnologie costruttive. | |
6. L’edificio o l’opera di architettura è stata progettata da una figura di rilievo nel panorama dell’architettura nazionale e/o internazionale. | |
7. L’edificio o l’opera di architettura si segnala per il particolare valore qualitativo all’interno del contesto urbano in cui è realizzata. |
Crediti Scheda
Enti di riferimento: PaBAAC - Segretariato Regionale per l'Emilia RomagnaTitolare della ricerca: Università degli studi di Bologna Dipartimento di Architettura
Responsabile scientifico: Marco Pretelli
Scheda redatta da Matteo Sintini
creata il 31/12/2013
ultima modifica il 27/01/2023
Revisori:
Stefano Setti